I difetti della scuola in Campania sembrano tornare prepotentemente alla ribalta. A farci ripiombare in questo tema è la storia di Lorenzo, un ragazzo affetto da disabilità e studente dell’Istituto Caselli De Sanctis di Napoli. Una storia che ci è giunta grazie alla madre di Lorenzo, che in una lunga lettera al Direttore dell’Ufficio scolastico regionale Franzese, ha denunciato l’accaduto. Una lettera che è riportata dal Corriere del Mezzogiorno.
La questione è sorta a Settembre, quando Lorenzo, per via di un errore della scuola, era stato iscritto in terza anziché in quinta. Nonostante ciò però, il ragazzo si è adeguato alla particolare situazione. Egli ha da subito fatto amicizia con i nuovi compagni di classe ed insegnati. La mattina era ben volenteroso di recarsi a scuola, zaino alla spalla e con la voglia di affrontare una nuova lezione nella III F.
A Gennaio però le cose cambiano. La scuola, vuoi perché ha messo a posto i problemi burocratici o vuoi per altro, sposta Lorenzo in una quinta. Il tutto come doveva essere preventivato dall’inizio. Ma si sa, per noi le disabilità restano dei tabù; un qualcosa che non analizziamo e trattiamo con faciloneria. Così senza alcuna comunicazione o preavviso alla famiglia, il ragazzo si ritrova spaesato in un altro ambiente. Ad un tratto, fuori da quella quotidianità che per lui era una corazza. “Dopo questo ha iniziato ad avere gesti di autolesionismo e a ripetere continuamente di voler tornare in terza per restare con i suoi compagni”. In questo modo la madre racconta lo spaesarsi del figlio.
Un calvario che ha costretto la madre di Lorenzo a fare dell’impossibile. Addirittura un giorno, a seguito di una discussione a scuola, la signora è stata accusata di voler occupare la scuola, con tanto di volante dei carabinieri sul posto. “Ho dovuto spiegare ai poliziotti che la mia presenza all’interno della scuola dipendeva dal fatto che ci è stata chiesta a inizio anno una collaborazione per accompagnare ed andare a riprendere nostro figlio in classe a causa della mancanza di personale che potesse accoglierlo all’ingresso della scuola, così come prevede la normativa. L’ultima occupazione alla quale ho preso parte è stata quella al Liceo quando avevo quindici anni”.
Così si chiude la lettera di questa coraggiosa madre. Un invito alle istituzioni a comportarsi come tale ed ad essere di esempio per la società civile. La cosa peggiore di questa vicenda è proprio questa: perché dobbiamo ricordare noi alla scuola di essere scuola?