La ricerca, dal titolo ‘Spontaneous evolution of Covid-19 lung sequelae: results from a double step follow up’, condotta dalla Pneumologia e Terapia Intensiva dell’Irccs Sant’Orsola e pubblicata sulla rivista ‘Respiration’, ha preso in esame 100 pazienti dell’ambulatorio specialistico post covid nella prima ondata della pandemia. Gli stessi sono poi stati rivalutati a due e a sei mesi dalla guarigione.
I risultati mettono in evidenza il fatto che nei soggetti colpiti da forme gravi del covid la ripresa risulta essere abbastanza lenta. Nel campione esaminato, infatti, il 60% dei pazienti ha continuato ad avvertire sintomi a due mesi dalle dimissioni. Il 40%, invece, è risultato sintomatico anche a distanza di sei mesi.
Tra i disturbi più frequenti spiccano debolezza, tosse, fatica a respirare, dolore toracico, tachicardia, disturbi dell’equilibrio, nausea e febbricola. Nello specifico l’esame funzionale che ha rivelato frequenti alterazioni, a 6 mesi dalla guarigione, è stata la DLCO, test che serve per esaminare la capacità della membrana alveolo-capillare del polmone di scambiare ossigeno. La polmonite da covid, infatti, come spiegato dai ricercatori, va a interessare proprio quella specifica area polmonare.
Anche il test del cammino ha confermato che, a due mesi dalle dimissioni, i pazienti colpiti dal covid riescono a percorrere distanze più brevi. In più il 64% dei pazienti, a due mesi dal ricovero, presenta alterazioni alla radiografia del torace.
Con la diffusione della variante Omicron, un recente studio ha rivelato anche gli otto nuovi sintomi più frequenti fra i soggetti colpiti dal contagio. Tra questi sono stati inseriti anche la sudorazione durante le ore notturne e il mal di schiena nella zona lombare.