Denuncia

Coronavirus, Italia paralizzata: Lombardia e Veneto si dovevano chiudere subito?

L’emergenza coronavirus non accenna ancora ad arrestarsi. Nonostante i segnali incoraggianti di alcuni giorni, l’aumento dei nuovi casi è sempre sull’ordine delle migliaia, mentre di morti se ne contano ancora diverse centinaia al giorno. Sono vive nella mente di tutte le immagini dell’esercito che trasporta le bare via da Bergamo, città dove la tragedia è ancora nel pieno.

Intanto anche al Sud si contano centinaia di contagiati e o morti da Covid-19, principalmente perché entrati a contatto direttamente o indirettamente con turisti o con i nostri emigrati tornati da fuori (centinaia di migliaia i rientri). Molti si domandano se le politiche attuate specialmente dal Governo centrale stiano dando le risposte desiderate. Tantissime le delusioni, anche da parte di sindaci, che sono tra la gente e per le strade a combattere il virus e presidenti di regione che continuano a vedere negate le richieste fatte recapitare a Roma.

Mai come in queste ore, molti contestano le decisioni di non aver chiuso tutto e subito, e di non aver isolato quanto prima le due regioni focolai d’Italia, la Lombardia ed il Veneto. “In nome del politicamente corretto, dell’unità e del non razzismo, hanno permesso che i contagi si diffondessero in tutta Italia”, “hanno portato avanti la filosofia dello #staresciolti, #milanononsiferma, ed intanto hanno fatto fermare l’Italia”.

Il sindaco di Milano, Beppe sala, ha ammesso le proprie colpe: alla notizia dei primi contagi, egli come altri politici d’altra parte, invitava le persone a condurre la vita di sempre con lo slogan #milanononsiferma.

Effettivamente qualcosa c’è di vero, perché oggi ci stiamo trovando nelle condizioni di aver quasi perso il conteggio anche delle vittime, per la troppa superficialità iniziale da parte di questo governo (e per molti ancora quella di adesso), che ha permesso la libera circolazione di persone da nord a sud, di turisti e di rientri, portando facilmente il contagio anche in altre parti d’Italia. Salvo poi vedere anche programmi contro il “Sud divenuto razzista”, perché aveva paura di quanto difatti si sta verificando. E adesso chi chiederà scusa a quella signora di Ischia che salì su uno di quei pullman a protestare, per poi sapere che c’era veramente un contagiato tra quei turisti?

Il contagio sarebbe giunto probabilmente anche in altre zone, ma forse con meno violenza. L’Italia ha superato i contagi della Cina, che però contra 1,4 miliardi di abitanti contro i nostri 60 milioni. Bisognerà pur farsi delle domande.

Anche qualcuno tra i “grandi” professori che ancora oggi troviamo in televisione dalla mattina alla sera, ha perso la credibilità agli occhi di molti italiani, perché avevano sminuito il virus da subito (pur avendo avuto l’esempio della Cina), ed in aggiunta sbagliando – probabilmente – nel non condividere, ammesso che fosse vero, le informazioni circa alcuni farmaci che stavano utilizzando, come invece hanno fatto immediatamente i medici napoletani nella cura dei pazienti.

Non basta questo, la domanda sorge spontanea: “Ma non era meglio chiudere tutto? Non era meglio chiudere Lombardia e Veneto come fecero senza pensarci due volte per il Sud quando ci fu il colera?”.

Il fatto di non aver chiuso immediatamente il Lombardo-Veneto, in nome dell’unità nazionale e dell’economia essendo le regioni più ricche, ha fatto sì che i contagi andassero avanti a dismisura. Si sarebbe potuta adottare una politica di prevenzione, chiudendo le regioni e distribuendo, ad ospedali pieni, i malati in giro per l’Italia, curando le due regioni e difendendo le altre. Non saremmo giunti ad un collasso sanitario come in questi giorni e neanche abbiamo raggiunto il picco.

Bastavano alcune settimane di isolamento effettivo delle due regioni tenendo sotto controllo le altre, e far sì che le regioni escluse potessero aiutare quelle in difficoltà, non chiudendo quindi tutto, e non giungendo alla filosofia del “si salvi chi può” (magari arraffando il più possibile strumenti e fondi anticovid).

Intanto siamo alla quarta autocertificazione e non si sa ancora veramente nulla delle partite IVA, delle famiglie, mentre l’America sblocca 2 mila miliardi di dollari “con un click”. Noi produciamo invece enormi quantità di burocrazia e si sa che  “mentre il medico studia il paziente muore”.

Emilio Caserta, giornalista e responsabile ufficio stampa istituzionale. Direttore de "L'Identitario - Quotidiano Indipendente", collaboratore di Vesuviolive ed altre testate giornalistiche locali e nazionali. E' Coordinatore giovanile Nazionale del Movimento Neoborbonico, laureato in Economia e Commercio e proprietario del sito e-commerce identitario www.bottega2sicilie.eu e socio fondatore del 'Caffè Identitario' a Napoli. Appassionato di storia di Napoli e Sud (in particolare dal periodo del Regno delle Due Sicilie a quello Risorgimentale Post-unitario), Attivista del "Comprasud" per la difesa dei prodotti e delle aziende presenti sul territorio meridionale dall'Abruzzo alla Sicilia, collabora con diverse associazioni di beneficenza territoriale.