In totale sarebbero oltre 12mila le unità lavorative da premiare che sono stati coinvolti in maniera diretta e indiretta nell’emergenza assistenziale per una cifra totale disponibile che si aggirerebbe attorno ai 10 milioni di euro. Si tratta di operatori del 118, i medici nei pronto soccorso, nei Covid center e, per la terza fascia, anche nelle retrovie con diverse funzioni e mansioni.
Tra questi 12mila operatori sanitari da premiare, non vi sono però i medici di base, che hanno assistito i pazienti malati di Coronavirus spesso senza le adeguate protezioni, inascoltati, in tanti sono anche morti.
Inoltre, i medici che si sono ammalati o sono morti di Covid in ospedale avranno diritto ad un risarcimento, mentre i dottori di famiglia no.
l lavoro dei medici di base, è un servizio pubblico in convenzione con il Servizio sanitario. Per coloro che si ammalano di Coronavirus, dopo aver assistito un paziente malato anch’esso di Covid, si dovrebbe pensare a un infortunio sul lavoro.
Inoltre, tutti gli operatori sanitari che svolgono un’attività libero-professionale a contatto con il pubblico di solito pagano volontariamente una polizza assicurativa che copre i danni da infortuni, con contributi tra i mille e i duemila euro l’anno. Ma, a differenza dell’Inail, le compagnie assicurative private escludono che il contagio possa essere considerato un infortunio e non coprono i danni.
Sono migliaia i medici di base, pediatri, farmacisti, dentisti, tecnici sanitari e ne sono morti oltre 150 a causa del Coronavirus, completamente dimenticati, che non hanno neppure diritto a un risarcimento. Uno di questi è Giovanni Tommasino, medico di base di Castellammare morto a causa del Covid a 61 anni. Tommasino è rimasto sempre accanto ai suoi pazienti e ora le figlie Ilenia e Maria chiedono giustizia per lui e per gli altri medici esclusi dai risarcimenti previsti dallo Stato. “Mio padre non si è mai sottratto ai suoi impegni – afferma la figlia Ilenia in un’intervista rilasciata a Skytg24 – e nonostante ciò la sua morte non viene riconosciuta come infortunio sul lavoro, non è riconosciuta come vittima di Covid, noi non disponiamo di alcun beneficio dalla sua morte. Non che questo beneficio possa aiutarci o possa restituircelo”.
“È una questione di giustizia – replica la figlia Maria – perché io penso che non esistano medici di serie A e medici di serie B. Mio padre sta alla pari con i medici ospedalieri, cosa che io vedo che una differenza si sta facendo. I medici di medicina generale a maggior ragione dovrebbero essere maggiormente tutelati da questo punto di vista perché è il primo punto d’accesso del paziente con la medicina. I medici di medicina generale non hanno avuto alcuna protezione per andare in guerra in questa battaglia, mio padre non ha avuto neanche una mascherina. Nessuno si è preoccupato di portargliene una”.