In questo modo FCA continua sull’atteggiamento sempre avuto dalla Fiat, il cui fallimento nei decenni scorsi è stato spesso evitato grazie agli aiuti di Stato. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, e allora ecco che la famiglia Agnelli (che ironia della sorte avere proprio questo cognome) continua indisturbata, anzi quasi incoraggiata, a prendere tutto ciò che vuole senza dare nulla in cambio.
Mentre il governo francese si impone, disponendo la condizione di avere voce in capitolo in seno a Stellantis, il gruppo che nascerà dalla fusione di FCA e PSA, quello italiano non è riuscito neanche ad ottenere che almeno un nuovo modello venisse prodotto nei confini nazionali.
L’Italia dunque non chiede neanche le briciole, ma aspetta che queste vengano concesse dalla magnanimità dei rapaci Agnelli, abituati a prendere, non a dare. Lo aveva capito Sergio Marchionne al quale, praticamente appena messo piede in azienda, venne fatto capire che la famiglia non aveva intenzione di sborsare un solo euro per investire. Il manager quindi bussò alla porta di Palazzo Chigi chiedendo denari e paventando (sarebbe meglio parlare di minaccia?) la chiusura dell’azienda, così dal 2005 al 2011 è riuscito a ottenere 551,5 milioni dalle casse degli enti pubblici italiani. Sì, avere capito bene, oltre mezzo miliardo di euro grazie ai quali la famiglia Agnelli è riuscita ulteriormente a espandere il proprio impero privato.