Raggiunta l’intesa, il testo dovrà essere approvato in via definitiva sia dal Parlamento che dal Consiglio Europeo per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La direttiva è vincolante nell’obiettivo, cioè quello di garantire un salario dignitoso in tutta l’Unione Europea, e dovrà essere recepita dagli Stati membri, Italia compresa, entro due anni.
La direttiva fissa dei criteri, elencando procedure in grado di promuovere compensi adeguati ed equi, ma non obbliga i singoli stati a cambiare i sistemi nazionali vigenti né specifica cifre valide per tutti i Paesi membri. Per raggiungere l’obiettivo di fondo, che è quello di ‘garantire una vita dignitosa ai lavoratori e ridurre la povertà lavorativa’, l’UE promuove una contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari migliorando l’accesso alle opportune tutele e spingendo gli Stati membri a redigere relazioni sulla copertura e l’adeguatezza dei compensi.
L’Italia fa parte dei pochi Paesi a non servirsi di una legge sul salario minimo. Con la direttiva europea, non ancora definitivamente approvata, anche il nostro Paese dovrebbe provvedere a recepire le nuove procedure. Al momento il disegno di legge è fermo al Senato e continua a causare visioni discordanti tra le forze politiche. La direzione più plausibile, tuttavia, sembra essere quella di fissare il minimo previsto dai contratti collettivi a 9 euro lordi l’ora. I salari netti sarebbero dunque di poco superiori ai 1.000 euro mensili.