Luca Zaia, presidente della Regione Veneto
In Veneto il bonus Zaia da 700 euro, un reddito di cittadinanza per i ricchi. È un vero e proprio paradosso quello ideato e messo in atto dal governatore leghista che, dopo essere stato uno dei più accesi nemici del Reddito di Cittadinanza introdotto dal Movimento 5 Stelle, non solo l’ha reintrodotto nella sua regione, ma l’ha finanziato con i fondi europei e concedendolo anche a chi possiede un reddito Isee tre volte maggiore rispetto alla soglia massima prevista dalla misura statale abrogata dalla maggioranza attuale.
È stato presentato come uno strumento per sostenere la formazione e l’inserimento lavorativo, ma nella pratica il cosiddetto “bonus Zaia” – fino a 700 euro al mese finanziati dal Fondo Sociale Europeo – è uno dei più clamorosi esempi di distorsione nell’uso dei fondi pubblici in Italia.
Paradossalmente, proprio Luca Zaia, che per anni ha demonizzato il Reddito di Cittadinanza accusandolo di “favorire i fannulloni”, si ritrova oggi a guidare una misura che, per assenza di controlli e criteri fin troppo permissivi, sta regalando denaro pubblico a chiunque si iscriva a un Centro per l’Impiego e segua un corso, anche solo online, di un’ora. E poco importa che il richiedente sia un pensionato con rendita, un giovane benestante o addirittura un richiedente asilo: l’assegno può arrivare lo stesso, senza alcuna verifica reale del bisogno.
Il cuore del problema è proprio qui: si tratta di soldi europei, quasi 70 milioni di euro, che dovrebbero essere destinati a sostenere l’occupazione in modo serio e strutturato. Invece, sono stati convertiti in un sistema a pioggia, dove il tetto ISEE per accedere è stato triplicato rispetto ad altre misure analoghe.
Una coppia con ISEE fino a 27.000 euro può ricevere 1.400 euro al mese, cumulandoli a Naspi, Assegno di Inclusione, Supporto Formazione e Lavoro. In pratica, si moltiplicano i sussidi anche per chi ha già una copertura statale, bypassando qualsiasi logica di selettività e necessità.
Non ci sono limiti anagrafici, né controlli patrimoniali severi. È sufficiente dichiararsi disoccupati, iscriversi al Cpi e frequentare un “webinar orientativo” di un’ora per iniziare a incassare. Il risultato? Richieste da parte di pensionati, ragazzi ricchi, e chiunque fiuti l’occasione di monetizzare un diritto formalmente aperto, ma sostanzialmente privo di giustizia sociale.
Il bonus Zaia, invece di correggere le disuguaglianze, le amplifica. Trasforma lo Stato sociale in una lotteria burocratica in cui vince chi è più furbo, non chi è più fragile. I fondi che dovrebbero dare un futuro a giovani disoccupati, madri sole o lavoratori poveri, vengono dirottati verso chi non ha davvero bisogno.
Un capolavoro di retorica populista che, sotto la bandiera dell’efficienza veneta, finanzia privilegi, non diritti. Mentre al Sud si tagliano servizi, al Nord si moltiplicano le rendite. E Bruxelles, che affida miliardi agli Stati membri per “ridurre le disparità”, si ritrova a finanziare corsi-farsa e stipendi ombra.