Categories: CulturaMusei

La straordinaria collezione egiziana del Museo Archeologico di Napoli

Sono diverse le collezioni italiane dedicate al mondo egiziano. Vi sono importanti mostre di livello internazionale sparse in diversi centri del nostro Paese. Da Bologna a Firenze, da Milano alla Città del Vaticano.

Ma fra tutte spicca la collezione del Museo Egizio di Torino, seguita da quella del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, uno dei principali musei napoletani, il quale possiede il più ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte e manufatti di interesse archeologico in Italia.

La sezione egiziana partenopea è stata costituita tra il secondo e il terzo decennio dell’Ottocento. La maggior parte dei reperti, custoditi all’interno del Museo, provengono dagli scavi, promossi dalla famiglia reale dei Borbone all’interno dell’area vesuviana e flegrea, e dalle collezioni private, soprattutto quella Borgia.

In particolare quest’ultima fu arricchita dal cardinale Stefano Borgia che incoraggiò la formazione di sacerdoti indigeni presso le missioni attive in Oriente. In cambio ricevette, nel corso della sua carriera, numerosi oggetti provenienti proprio dall’Egitto. Quando il religioso morì una parte dei suoi tesori fu donata alla Congrega di Propaganda Fide, il resto fu lasciato in eredità al nipote Camillo che la vendette a Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808.

L’accordo di vendita si concluse solo, nel 1815, con Ferdinando IV di Borbone. La collezione Borgia è ricca di statue di carattere funerario e religioso rinvenute a Delta e Menfi. Di particolare interesse sono la cosiddetta “Dama di Napoli” e la “charta borgiana”. La prima, il documento più antico di tutta la collezione egiziana, rappresenta un funzionario della III Dinastia seduto su un seggio di forma cubica risalente all’era dell’Antico Egitto. L’altra è invece il primo papiro giunto dall’Egitto in Occidente.

La preziosa “charta”, pervenutoci in ventitré frammenti, contiene un’iscrizione in greco corsivo che rappresenta l’elenco degli operai provenienti dalla città di Ptolemais Hormu, l’odierna Illahun, addetti ai lavori di canalizzazione a Tebtynis, un centro del Fayyum nel 192-193 d.C.  Infine non bisogna dimenticare il celebre monumento funerario di Imem-em-Inet, soprintendente ai lavori del faraone Ramesse II, e il gruppo scultoreo dei coniugi Pa-en-dua e sua moglie Nesha.

Dama di Napoli

Altri reperti provengono invece dalla collezione Picchianti. Giuseppe Picchianti era un viaggiatore veneto che, nel corso dell’Ottocento, risalì la Valle del Nilo fino a raggiungere il deserto nubiano. Al termine della sua esplorazione, durante la quale visitò Giza, Saqqara e Tebe, raccolse soprattutto mummie, sarcofagi e canopi, ma anche specchi, vasi per cosmetici e sandali.

I reperti vanno dall’Antico Egitto fino all’età tolemaico-romana. Interessanti sono gli “ushabti”, letteralmente “quelli che rispondono”, piccole statuette funerarie che gli egiziani collocavano all’interno delle tombe, e l’occhio udjat, cioè l’occhio di Horus, amuleto che garantiva buona salute, prosperità e regalità.

L’unico esemplare che invece proviene dalla collezione Farnese è il Naoforo, statua raffigurante un uomo inginocchiato con le braccia protese per sostenere un naos, cioè sacrario, sul quale è raffigurato Osiride, il dio della morte e dell’Oltretomba. Il reperto fu rinvenuto a Roma tra il XVI e il XVII secolo. Infine, fanno parte della collezione egiziana napoletana anche alcuni oggetti, provenienti dall’Alto e dal Basso Egitto, raccolti dal viaggiatore tedesco Karl Wilhelm Schnars.

Fonti: Renata Catilena, “La Collezione egiziana del Museo archeologico nazionale di Napoli”, Napoli, Arte tipografica, 1989

Sito Museo Archeologico Nazionale di Napoli