Microfoni e pistole, da Raffaello a Zuccherino: i neomelodici in manette

Manette strette ai polsi, microfoni attaccati al chiodo. Un filo sottilissimo connette i cantanti neomelodici alla malavita. Tra camorra, usura, estorsioni e conflitti a fuoco, molti di loro divengono noti per i fatti di cronaca in cui sono coinvolti e non per il talento artistico come sarebbe lecito aspettarsi.

Nu Latitante, ‘O killer, ‘O capo clan”, Il mio amico camorrista“: sono i titoli di alcune canzoni di questi personaggi capaci di riempire piazze, intrattenere commensali ai banchetti matrimoniali e amati da decine di migliaia di fans. Non cantano solo l’amore, ma i contenuti dei loro pezzi musicali raccontano della vita di miezo ‘a via, della malavita organizzata e dell’illegalità diffusa.

Capita di riuscire nell’impresa di trasformare in realtà le avventure cantate al microfono, finendo loro malgrado, nella morsa della giustizia. L’ultimo in ordine di tempo, e recidivo, è il “famoso” Raffaello Migliaccio, in arte Raffaello, conosciuto dal “grande pubblico” con la canzone “Scivola quel jeans” che lo lanciò alla ribalta napoletana con oltre 1 milione di visualizzazioni su youtube. La colonna sonora di Gomorra, porta la sua firma con il brano “La nostra storia“.

Nella notte fra il 19 e il 20 giugno scorso, Raffaello avrebbe avuto una furiosa lite con due clienti di un locale nell’agro aversano. La situazione si sarebbe riscaldata al punto di spingere il cantante ad estrarre una pistola ed esplodere alcuni colpi. E’ accusato di tentato omicidio. Precedentemente il cantante sapendo di aver commesso delle infrazioni al codice della strada, aveva pensato di poter evitare la multa mettendo in mostra la sua fama e corrompendo gli agenti offrendo loro 400 euro: “Ma come non sai chi sono io? Io sono il famoso cantante neomelodico, ma che state facendo, non avete rispetto per il successo? Io sto pieno di soldi, quando tenete bisogno sono a disposizione”.

La lista si arricchisce di altri professionisti della canzone: Alfonso Mangella, in arte Zuccherino, fu arrestato insieme ad altre due persone con l’accusa di aver partecipato ad una sparatoria. In manette ci finì anche Tony Marciano, catturato nella sua abitazione di Boscoreale con l’accusa di aver importato sostanze stupefacenti dall’Olanda e di gestire un giro di spaccio. Tra i masterpiece del suo repertorio segnaliamo “Nun c’amme arrennere“. Un testo discutibile dove il cantante punta il dito contro i pentiti che hanno perso l’omertà. Coinvolto in un giro di estorsioni un ex protagonista di X-Factor, Marco Marfé mentre dietro le sbarre ci finì anche Franco Laudati per rapina e ricettazione.

E come non ricordare Nello Liberti, finito in prima serata nel noto programma tv “Le Iene”. La sua canzone, “‘O capo clan” fu oggetto di indagini da parte della Procura della Repubblica, l’accusa era quella di istigazione a delinquere. I pm ritenevano che nelle immagini del suo video ufficiale, fossero mostrati nomi riconducibili a personaggi precisi. La sua canzone è ritenuta un inno alla camorra.

Quella camorra che ha messo le mani su questo business, è capace di scrivere i testi delle canzoni, interpretate poi dai cantanti neomelodici. Chi non ricorda il successo degli anni ’90 cantato da Ciro Ricci, oggi Ciro Rigione, “Chillo va pazzo pe te”? La firma sul testo porta il nome di Loigino Giuliano, ex esponente di spicco del omonimo clan di Forcella. La camorra esporta la nuova musica di Napoli, quella che ha sotterrato e poi profanato la vera canzone napoletana.

Ed inquieta, non poco, che molti giovani napoletani in seguito all’arresto di Raffaello, abbiano affollato la sua bacheca facebook per incoraggiarlo, inneggiando alla sua grandezza artistica ma anche personale.

Ecco il video piuttosto inquietante di ‘O capo clan: