Storia di Palazzo Sanfelice: simbolo del passato nobiliare della Sanità

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Il Palazzo Sanfelice è a Napoli, senza ombra di dubbio, uno dei luoghi più simbolici della Sanità: tutti noi abbiamo visto almeno una volta, dal vivo o in foto, le arcate simili ad un alveare che caratterizzano la sua maestosa facciata. Il palazzo non è solo un esempio magistrale di architettura, ma un vero e proprio ricordo del passato glorioso e nobile del quartiere, oggi ricordato quasi esclusivamente per la criminalità ed il degrado sociale.

C’era un tempo, di cui abbiamo già parlato, in cui la Sanità era nota principalmente per la salubrità dell’aria e le guarigioni, quasi miracolose, che avvenivano in zona. Non si trattava di semplici leggende: la composizione del sottosuolo, la presenza di sepolture antichissime e la posizione geografica epuravano l’aria da tossine riuscendo ad influire positivamente sulla salute dell’intera popolazione. Non a caso venne battezzata “Sanità”. Cosa c’entra tutto questo con un palazzo?

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Ferdinando Sanfelice, nobile architetto napoletano che curerà anche la costruzione del Palazzo dello Spagnuolo, nel 1724 decise di trasferirsi con tutta la famiglia lontano dal caotico ed insalubre centro ed optò per quello che allora era il luogo più pulito e tranquillo di tutta Napoli: la Sanità, appunto. Sanfelice comprò e rimise a nuovo un antico palazzo fatiscente, ma non si limitò solo ad una “ristrutturazione”: decise di costruirgli intorno un nuovo palazzo in grado di ampliarlo ed impreziosirlo, pur lasciando pressapoco intatta l’antica struttura.

I lavori durarono quattro anni e furono orchestrati e guidati dallo stesso Sanfelice, già ideatore del progetto. Due targhe in latino ricordano ancora oggi l’incredibile opera dell’architetto: la prima, sul portale del palazzo antico,“Ferdinando Sanfelice patrizio napoletano restaurò la casa, con opere più nobili, ampliandola e ornadola.”; la seconda su quello della “nuova” abitazione,” Ferdinando Sanfelice patrizio napoletano, per la straordinaria salubrità del luogo, costruì questa casa dalle fondamenta. Fu lui il progettista, curatore e proprietario dell’opera. Anno del Salvatore 1728.”.

A stupire non erano solo l’esterno con archi ed affreschi, o il maestoso cortile, ma anche gli interni sono degni di una vera e propria reggia. Addirittura, guide della città redatte alla fine del ‘700 segnalavano nelle sale interne numerosi affreschi di Francesco Solimena e, nella cappella privata, opere scultoree di Giuseppe Sammartino. Purtroppo, di questi capolavori, oggi, non è rimasto più niente, probabilmente trafugati col passare dei secoli. Ciò che rimane ancora è un curioso omaggio dell’architetto all’amata moglie: la donna era Ligure, nata a Lavagna, e così il marito coprì gli scalini dell’ingresso con pietra di lavagna per ricordare la sua provenienza.

Il palazzo ha spesso fatto da sfondo a film e personaggi storici di Napoli: dal riadattamento cinematografico di “Questi Fantasmi”, di Eduardo de Filippo, a “Le quattro giornate di Napoli” di Nanni Loy, fino ad arrivare allo sceneggiato di Rai Uno, “Pupetta – Il coraggio e la passione”, con Manuela Arcuri.

Fonti:
La storia del Rione Sanità, Vesuviolive.it
– comune.napoli.it


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