Mertens si racconta: “Scudetto del Napoli dopo il mio addio? Non sono invidioso, ho festeggiato”

Dries Mertens si racconta tra Napoli e retroscena


Dries Mertens è e resterà uno dei personaggi più amati a Napoli, il belga che ha incarnato perfettamente lo spirito azzurro è diventato con gli anni uno dei beniamini di tutti, fino ad arrivare al soprannome “Ciro“, nome che poi il calciatore ha dato al suo primogenito. Un’esperienza calcistica finita a causa di un rinnovo mai arrivato, nell’estate prima dello storico Scudetto. Questo tema e tanti altri sono stati analizzati proprio da Mertens durante un’intervista a Prima Tv durante la trasmissione ‘Delietta Gol’.

Mertens e le parole sul Napoli, tra l’addio e lo Scudetto

Il calciatore belga racconta così il suo ritorno a Napoli di questi giorni: “Tornare a Castel Volturno è stato emozionante. E’ la prima volta che sono tornato, ho avuto modo di rivedere i ragazzi e poi rivedere anche gli spogliatoi, sono state belle emozioni. Ho trovato una bella atmosfera. Anche se quest’anno non è andata come volevamo io credo ancora nella qualificazione Champions e anche loro ci devono credere. Ho visto bene i ragazzi, io ho lavorato con Calzona e credo nella filosofia dello staff”.

Sullo Scudetto vinto dal Calcio Napoli l’anno dopo il suo addio:  “È stato bellissimo, emozionante, nessuna invidia perché dopo tanti anni sono diventato un tifoso del Napoli. Quando cambi squadra ti concentri sul nuovo progetto, ma ho sempre avuto un occhio su dove stavo. Dopo aver giocato tanti anni con i tuoi compagni la consideri una famiglia ed è bello vedere la tua famiglia vincere una cosa così e io so cosa significa anche per me, per Napoli, per i ragazzi, per Spalletti e per tutti i giocatori…è stato un anno incredibile, ho visto tutte le partite e hanno giocato un calcio incredibile e io ho anche festeggiato. Mi sento ancora con i calciatori con cui ho giocato nel Napoli e nella squadra attuale ce ne sono tanti con i quali ho giocato ed è stato bello rivederli. Perché sono andato via? Perché non ce la facevo più, ero diventato più lento e allora…”.

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