Femminicidio Cecchettin, il padre di Filippo: “Non pensavo quelle cose, temevo si suicidasse”

Colloquio Nicola e Filippo Turetta (foto settimanale Giallo)


All’indomani della diffusione della conversazione tra Filippo Turetta e il padre, avvenuta lo scorso 3 dicembre nel carcere di Verona e corrispondente al primo colloquio avuto tra i due dopo l’arresto dell’assassino di Giulia Cecchettin, sono arrivate le scuse di Nicola.

Femminicidio Cecchettin, il padre di Filippo: “Non pensavo quelle cose, temevo si suicidasse”

“Non mi do pace per quelle frasi pronunciate in un momento di disperazione. Erano solo tante fesserie: non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale.

Ho detto quelle cose perché temevo che Filippo si suicidasse. Non ho chiuso occhio dopo aver letto quelle cose, sto malissimo. Erano frasi senza senso, non pensavo assolutamente quello. Non sono da prendere in considerazione, ero confuso e disperato.

È vero, ho detto tutte quelle fesserie, ma non le pensavo assolutamente. Non sapevo come affrontare mio figlio Filippo, ci avevano riferito che aveva provato a togliersi la vita, e in quelle settimane nel carcere di Montorio c’erano stati tre suicidi.

Ci siamo trovati davanti a questo ragazzo di 21 anni, tremante, cosa dovevamo fare? Accusarlo di essere una persona orribile, un assassino che merita la morte? Non era quello il momento. Da genitore ho cercato di tenerlo in vita affinché scontasse la sua pena. Erano frasi senza senso, un disperato tentativo di un padre di evitare il suicidio del figlio. Chi non lo avrebbe fatto?”.

“Ho provato un grande dispiacere insieme ad un infinito imbarazzo. Si trattava infatti di un momento intimo, un colloquio di due genitori con un figlio, fino al giorno prima considerato da noi un ragazzo responsabile, e improvvisamente accusato di essere un assassino. In quegli istanti, non sapevamo come affrontarlo: da un lato è pur sempre tuo figlio, dall’altro non lo riconosci più. Si è presentato davanti a noi tremante, impaurito. Cosa dovevamo fare? È veramente atroce anche trovarsi da genitori in questa situazione”.

“È scoppiata una nuova ondata di odio e indignazione nei confronti di noi genitori. Io e mia moglie avevamo da poco trovato la forza per tornare al lavoro. Questi mesi sono stati difficilissimi. Abbiamo cercato di farci coraggio anche perché abbiamo un altro figlio. Poi c’è Filippo, non lo possiamo abbandonare in carcere, anche se è difficile, siamo pur sempre i suoi genitori. Mettetevi per un secondo nei nostri panni. Ora sono ripartite le trasmissioni televisive che ci giudicano come genitori dando peso a quel disperato colloquio. Si parla ancora di patriarcato e altre sentenze nei nostri confronti. Il tutto per quelle frasi rivolte ad un figlio in carcere in un momento di disperazione”.

“Gli ho detto “ti devi laureare”, non perché mi interessasse, o perché sperassi in un futuro fuori dal carcere per lui. Gli ho dato quel consiglio solamente per tenerlo impegnato e non farlo pensare al suicidio. Era logico che non era una priorità la laurea e che non gli sarebbe servita, visto che dovrà giustamente scontare la sua pena per quello che ha fatto. Ma in quegli istanti ho cercato, ripeto, di evitare un gesto estremo”.

“Lui ora si rende conto di quello che ha fatto. Vuole scontare la sua pena. Non ha nessuna speranza o intenzione di sottrarsi alle sue responsabilità”.

“A chi mi giudica dico che non pronuncerei più quelle parole. Quelle cose non si dicono nemmeno per scherzo. Ma vorrei che le persone capissero cosa c’era in quel tentativo disperato di un genitore di evitare un suicidio. Ora, provo imbarazzo”.

Femminicidio Cecchettin, Turetta padre a Filippo: “Hai fatto qualcosa ma non sei un mafioso”

Questa la conversazione avvenuta tra padre e figlio:

“E va beh, Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare”.

“Ci sono altri 200 femminicidi. Poi avrai i permessi per uscire, per andare al lavoro, la libertà condizionale. Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti”.

Poi Nicola chiede al figlio Filippo come fosse stato l’atteggiamento dei magistrati, e lui risponde: “Meglio di quello che mi aspettavo”.

L’ultimo virgolettato riportato, è relativo alla preoccupazione di Filippo nell’essere improvvisamente abbandonato dall’avvocato Giovanni Caruso: “Magari non ce la faccio a riferirgli tutto, io non ho detto tutto“. Inoltre pare che il ragazzo abbia domandato al padre se l’avessero licenziato a causa dell’efferato crimine commesso.


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI