Torre del Greco “accompagna” la fiaccola olimpica: tra entusiasmo, selfie, traffico e proteste


La fiaccola olimpica di Milano Cortina 2026 ha attraversato la città di Torre del Greco nella sua tappa da Pompei a Napoli: tante persone in strada a salutarne il passaggio.

La fiaccola olimpica di Milano Cortina 2026 a Torre del Greco

Pur trovandosi oltre 800 km più a sud di Milano e Cortina e pur non essendo certo un popolo noto per la passione degli sport invernali, gli abitanti di Torre del Greco hanno accolto con calore il passaggio del “fuoco eterno” delle Olimpiadi sulle vie principali della città.

Diciottesima tappa, da Pompei a Napoli, con transito nelle città che affacciano sul golfo di Napoli in una mattinata prenatalizia che ha contribuito ad alimentare l’entusiasmo e la folla che in strada si è ritrovata a fare selfie e video ai tedofori anticipati dai truck dei principali sponsor (Coca Cola ed ENI) e da un corposo plotone di forze dell’ordine.

“È stata un’emozione attraversare con la fiamma le strade della nostra città: Torre del Greco ha accolto con gioia questo momento”, ha dichiarato la consigliera delegata allo sport Valentina Ascione che ha accompagnato la carovana con la fiaccola dal confine con Torre Annunziata a quello con Ercolano.

Clacson e traffico attorno alla fiamma

Se molti sono stati in strada a vivere con gioia l’evento, moltissimi sono stati i cittadini che lo hanno vissuto ugualmente in strada ma bloccati in auto nel traffico, segnalando la loro “presenza” con sonori ed intolleranti clacson anche durante il passaggio della fiamma.

Tra chi “non sapeva” e chi non poteva fare a meno di spostarsi in auto, complici le commissioni per le imminenti festività natalizie, le strade attorno al passaggio del fuoco olimpico si sono trasformate in trappole ed ingorghi durati per gran parte della mattinata.

Le dimostranze pro Pal, le riflessioni per il Sud

Poco prima di giungere ad Ercolano, la fiamma olimpica è stata accolta da una rappresentanza del coordinamento Pro Palestina di Torre del Greco e del gruppo di Potere al Popolo che hanno esposto la bandiera del popolo palestinese al passaggio dei tedofori e – soprattutto – degli sponsor.

I dimostranti, in maniera assolutamente pacifica, hanno affidato il loro pensiero al coro “Free Palestine” e ad uno striscione che riportava la frase: “Giochi Infernali 2026, Israele medaglia d’oro”. Un modo per testimoniare il dissenso – hanno spiegato – verso il doppiopesismo che ha permesso al comitato organizzatore di escludere la Russia (colpevole dell’invasione in Ucraina) e non Israele, sotto inchiesta dell’ONU per genocidio verso i palestinesi.

Una protesta, spiegano, ulteriormente motivata proprio dai brand che sponsorizzano i prossimi giochi olimpici, tra i quali figurano Coca Cola ed ENI, entrambe additate di sostenere con le proprie attività la politica di invasione di Tel Aviv e di generare profitti da territori palestinesi ingiustamente occupati da Israele.

La fiaccola olimpica “brucia” quasi 6 miliardi di euro

Non è soltanto la questione geopolitica a suscitare perplessità sui giochi invernali e dividere la cittadinanza tra entusiasti e delusi: c’è una storica contrapposizione con un Nord che beneficerà di denaro pubblico ed investimenti che ricadranno su poche zone e poche aziende private a latitudini ben lontane dalla Campania.

Nel 2019, quando l’Italia ottenne la manifestazione, le regioni promotrici (Lombardia e Veneto) e gli sponsor assicurarono che non sarebbe costato “un euro allo Stato”. La previsione era di 1,4 miliardi. Oggi il conto è salito a 5,7 miliardi, quadruplicando la stima iniziale. E, come sempre, la differenza la pagheranno i contribuenti.

A rincarare le critiche c’è anche il giornalista Giuseppe Pietrobelli, autore del libro Una montagna di soldi, secondo cui solo l’organizzazione — affidata alla Fondazione Milano Cortina — pesa 2 miliardi, di cui 400 milioni di denaro pubblico non previsto inizialmente. Uno scenario aggravato dalla recente indagine della Procura di Milano su presunte irregolarità negli appalti digitali e nelle assunzioni.

Tuttavia, con un decreto ad hoc, il governo Meloni ha stabilito che la Fondazione non è ente pubblico: conseguenza, niente reati di turbativa d’asta né corruzione applicabili.

Leggi anche questi articoli


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI