Venezia, maxi truffa con i soldi del PNRR: ecco che fine fanno i soldi scippati al Sud

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La rabbia per i miliardi scippati al Sud cresce ancora di più, a causa di una truffa messa in atto a Venezia sui fondi del PNRR. I 209 miliardi del Recovery Fund (poi confluito nel PNRR) inizialmente concessi dall’Unione Europea all’Italia avrebbero dovuto essere assegnati al Mezzogiorno in misura di circa il 68%, a causa delle sue condizioni di grave arretratezza. Una percentuale successivamente abbassata al 40% da parte dello Stato, un vero e proprio furto da 60 miliardi, ai quali si è aggiunto poi il mistero di ulteriori 80 miliardi non assegnati a progetti individuati. Si capisce come, quindi, una percentuale sostanziosa del denaro sottratto con la truffa appartenesse in origine ai cittadini meridionali che al danno vedono aggiunta la beffa.

Truffa a Venezia con i fondi del PNRR

La mente della truffa è costituito da coppia: lui altoatesino e lei ucraina, residenti a Verona. La base dell’organizzazione era invece costituita da diversi elementi, tra cui molti con precedenti penali. In totale 23 persone coinvolte, di cui otto arrestati e portati in carcere, 14 ai domiciliari e due colpiti dall’interdizione a svolgere l’attività professionale e commerciale. Sequestrati appartamenti, ville signorili, orologi di pregio, oro e automobili di lusso per un valore complessivo di circa 600 milioni di euro.

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Come agiva la banda

La banda, che si serviva di un notaio e tre commercialisti, usava dei prestanome e società fittizie che incassavano subito il 50% dei finanziamenti erogati da Simest. I progetti, mai realizzati, avevano lo scopo dell’internazionalizzazione delle aziende, per assicurare dunque una competitività anche all’estero. L’indagine si è attivata su segnalazione proprio di Simest, che prima dell’erogazione aveva bloccato la maggior parte delle operazioni proprio perché dall’analisi delle domande risultavano alti indicatori di rischio. Una serie di incongruenze che hanno fatto sentire puzza di bruciato e ha permesso di scoprire l’attività dell’organizzazione.

La banda, tramite le società fasulle, creava dei crediti inesistenti nel settore edilizio. Quando arrivavo i fondi questi venivano riciclati servendosi di un sistema di tecnologie informatiche in grado di occultare la provenienza geografica di chi agiva. I crediti inesistenti così venivano effettivamente monetizzati.

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