Antonio Piccirillo, il figlio del boss candidato alle comunali: “La camorra non paga”


“Era destinato ad ereditare il controllo illegale di questi vicoli (quartiere Chiaia e Torretta, ndr), e invece ha fatto una scelta coraggiosa.” Inizia così la storia di Antonio Piccirillo, figlio del boss Rosario Piccirillo, conosciuto come ‘o biondo. È uno protagonisti della terza puntata dei docu-film personalizzati “Buoni o cattivi”, in onda su Italia1 ogni martedì.

“Sono Antonio Piccirillo, figlio di Rosario Piccirillo, che purtroppo ha fatto delle scelte sbagliate nella vita: è un camorrista.” si presentò così 2 anni fa durante un corteo contro la camorra e la violenza. L’attività criminale di Rosario Piccirillo cominciò già nei primi anni Ottanta, con quartier generale proprio la Torretta. Nel luglio del 1989 fu arrestato in un albergo ad Ischia.

Era il 1991 quando, invece, subì il sequestro di una gioielleria e di un’imbarcazione utilizzate per riciclaggio di denaro e contrabbando di sigarette. Nel 2002 finì in manette con nuove accuse, tra cui quella di estorsione ai danni dei commercianti di Chiaia. Piccirillo fu arrestato ancora nel 2009, dopo aver violato le misure imposte dalla sorveglianza speciale.

Ma, nonostante tutto, rimaneva un padre, a cui il figlio non ha mai smesso di voler bene. “Voglio lanciare un messaggio a noi, figli di queste persone: amate sempre i vostri padri, ma dissociatevi assolutamente dai loro stili di vita, perché sono stili di vita che non pagano” – furono le parole di Antonio proprio durante quel corteo. Parole che ancora oggi muovono critiche da terze persone, come racconta durante la sua intervista. “Sono stato anche attaccato. ‘Ti dissoci da tuo padre, però gli vuoi bene.’ Ho provato a non voler bene a mio padre, ma non ci sono riuscito” – afferma, chiedendo retoricamente come si possa non amare il proprio padre.

“C’è tuo padre sul giornale”, così Antonio Piccirillo scoprì la verità

“Mia madre raccontava un sacco di bugie alle persone.” spiega, ricordando i suoi anni da studente, quando i compagni e i genitori chiedevano del padre. “C’era chi fingeva di non sapere e chi, invece, davvero non lo sapeva. Io sapevo che mio padre un giorno era un avvocato, un giorno era un costruttore.” racconta, dicendo che il mestiere del costruttore fosse la cosa più sensata. “Quando lo andavamo a trovare in carcere, vedevamo questo palazzo che non finiva mai, e sono sempre lì fuori e non tornano mai.”  

La verità sul vero mestiere del padre viene scoperta solo a 12 anni, quando un’amica gli porta un giornale. “C’è tuo padre sul giornale” gli disse, mostrandogli l’articolo sull’arresto di Rosario Piccirillo. “Tornai a casa da mia madre e le chiesi cosa significasse tutto ciò.” Fu in quel momento che Antonio capì che suo padre era un boss. Un dato che portò presto a fargli aprire gli occhi sulle persone che lo circondavano. “Ho iniziato a capire il perché di qualche carezza in più di persone che non conoscevo.- spiega, ricordando anche di persone che non si trattenevano nel dimostrare il proprio disprezzo – Ho capito che era tutta una recita.”

“C’è troppo fascino per la malavita.” afferma Antonio Piccirillo mentre parla del padre. “Me ne sono reso conto mentre cercavo di eliminare dalla mia vita questo marcio.” dice, mentre racconta episodi di adolescenza in cui ‘la scampava sempre’. “C’è tanta voglia di conoscere il boss del quartiere. E non solo le persone povere del quartiere. Anche il politico di turno.” Perché, come ribadisce lui stesso, della malavita solo affascinati tutti.

La candidatura alle elezioni comunali

Antonio Piccirillo adesso è anche impegnato in politica. Si è infatti candidato come consigliere alle prossime elezioni comunali di Napoli, sostenendo Alessandra Clemente, la cui madre, Silvia Ruotolo, fu uccisa per sbaglio proprio durante un agguato camorristico. A entrambi la criminalità ha tolto molto, in modi diversi.


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