Portici, il Comune acquista 400 copie dell’ultimo romanzo di Saviano per gli studenti. L’ass. Manzo: “Un unicum”

L'amministrazione di Portici acquista oltre 400 volumi del nuovo libro di Saviano


In politica culturale, come in ogni atto pubblico, non conta soltanto ciò che si fa, ma il perché lo si fa. L’Amministrazione comunale di Portici ha scelto di acquistare oltre 400 copie dell’ultimo romanzo di Roberto Saviano da distribuire agli studenti, un’operazione che l’assessore Luca Manzo, scrittore ed appassionato di letteratura, definisce un “unicum” in Italia.

Una scelta pienamente legittima, certo; un investimento nella lettura lo è sempre. Ma resta una decisione che, proprio perché così particolare, merita di essere discussa.

Il Comune di Portici acquista 400 copie del romanzo di Saviano

Non si entra nel merito amministrativo, non è questo il punto, né sarebbe corretto farlo, ma nella coerenza delle politiche culturali, nella loro opportunità e nel loro valore simbolico. È doveroso chiedersi: quale immaginario vogliamo trasmettere ai nostri ragazzi? E quali narrazioni scegliamo di sostenere con fondi pubblici, quando rappresentano porzioni molto specifiche, e spesso problematiche, dell’immagine di Napoli e del Sud? Sono scelte culturali o politiche nel momento in cui si parla di eventuali “deleghe alla legalità in consiglio regionale della Campania”?

Roberto Saviano è, indiscutibilmente, un autore noto in tutto il mondo, ma è anche immagine di un giornalista anticamorra che scrive “di camorra” e “romanza” la camorra soprattutto e chiaramente presente in Campania (anche se il libro in questione, stavolta, parla di ‘ndrangheta). La sua attività ha contribuito a portare l’attenzione internazionale sulla criminalità organizzata. Allo stesso tempo però, negli ultimi vent’anni, la sua opera Gomorra e soprattutto le trasposizioni cinematografiche e televisive hanno alimentato un’immagine di Napoli fortemente connotata dal racconto criminale.

Il post dell’assessore Manzo

Un’immagine che la città, negli ultimi anni, ha cercato con fatica di superare, grazie alla rivoluzione culturale e alle riscoperte di beni storici inimitabili nel mondo da parte di persone che sono totalmente lontane da quel mondo, e di cui però Saviano fa fatica a parlare.

Portici stessa, del resto, è stata spesso location naturale delle riprese di Gomorra. E ora, a gennaio, arriverà anche Gomorra – Le origini (dopo Gomorra il libro, la serie, il Film, Ciro L’Immortale, ecc..ecc..ecc..) ulteriore tassello di un filone che continua a rappresentare Napoli quasi esclusivamente come teatro di violenza, faide e marginalità. Questo non significa negare i problemi reali, ma riconoscere che un territorio può essere raccontato in molti modi, e che alcune narrazioni diventano dominanti a scapito di altre.

Per questo sorprende, o quantomeno incuriosisce, la scelta di un Comune di investire una cifra significativa (acquistando 400 libri – il cui prezzo di copertina è di 19,50 euro cad.) per sostenere un autore che, suo malgrado o per volontà editoriale, ha contribuito a fissare nel mondo una rappresentazione monolitica della nostra terra.

Non è un giudizio, ma un dato culturale. Una domanda che resta sul tavolo: quale rapporto tra narrativa, realtà e tutela del territorio?

Tra le domande che da anni circolano nel dibattito pubblico, non solo a Napoli e non solo in ambienti politici, ve n’è una che torna periodicamente: come è stato possibile girare decine e decine di scene nelle aree che, secondo le narrazioni letterarie, sarebbero tra le più pericolose d’Europa?

Si tratta, anche qui, di un interrogativo culturale, non “avvocatesco”: si chiede trasparenza per capire in che modo il racconto artistico e la realtà sul campo si incontrino o divergano. Perché non sovvenzionare uno scrittore “minore”? Magari porticese, visto che Saviano non ha bisogno di “vetrine comunali”. Magari avviando un concorso tra giovani scrittori di Portici, ed acquistando da loro, magari appunto studenti, 400 libri per investire in un futuro De Giovanni di Portici? Non è un’accusa, è un punto interrogativo. In democrazia, il dibattito non è un fastidio, ma un dovere.

E proprio per questo la scelta di un’Amministrazione pubblica di sostenere economicamente un singolo autore, per quanto noto, forse troppo, dovrebbe essere accompagnata da una riflessione approfondita, non da celebrazioni unilaterali. Leggere è un bene. Regalare libri ai ragazzi è un bene. Ma la politica deve porsi domande che vanno oltre l’evento del giorno: che immagine stiamo consegnando ai giovani? Perché scegliere sempre lo stesso tipo di racconto sul Mezzogiorno?

Napoli e Portici sono città vive, complesse, ricchissime di storia, arte, scienza, innovazione. È legittimo chiedersi perché, ancora una volta, si sia scelto di investire risorse pubbliche proprio su un filone narrativo che, pur avendo avuto successo editoriale e cinematografico, ha contribuito negli anni a fissare un immaginario riduttivo e spesso stigmatizzante.

Se l’obiettivo dell’Amministrazione è parlare di legalità, e non di marketing culturale, allora sarebbe auspicabile avviare un dibattito più ampio, più inclusivo, che contempli altre voci, altri autori, altri generi, altre prospettive. La legalità non è un brand, e nemmeno un #hashtag. È un percorso educativo che si nutre di pluralità, complessità e responsabilità.

Nulla di ciò che è avvenuto è illegale. Ma nella cultura pubblica non basta essere legittimi: bisogna essere anche chiari, coerenti e consapevoli delle proprie scelte. La critica politica, quella sana, serve proprio a questo: non a demonizzare, non a delegittimare, ma a ricordare che ogni atto amministrativo parla a un’intera comunità e la rappresenta.

Portici ha fatto una scelta forte. Il dubbio, legittimo e democratico, è altrettanto forte: era davvero quella più utile per raccontare chi siamo e chi vogliamo diventare?


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