Catello Di Maio, l’artista del pane a Torre del Greco: “Amo innovare senza dimenticare le mie radici”

Catello Di Maio di Cesto Bakery


Quando si parla di vocazione per un talento, per un mestiere, viene in mente quella persona che si identifica e diventa ciò che fa. La persona per la quale non esiste il lavoro, ma un modo di essere che significa progredire giorno dopo giorno, con l’ardore e la passione di un amore profondo da cui sembra quasi dipendere la stessa vita. Proprio questo è Catello Di Maio di Cesto Bakery, il fornaio che ha fatto del pane un culto, di un mestiere tramandato da tre generazioni un’arte. Farina, acqua, lievito e sale: a Catello si infiammano gli occhi quando comincia a parlare di questi semplici ma tanto complessi ingredienti che si combinano per creare innumerevoli creazioni, così come si mescolarono i quattro elementi primordiali che hanno originato il cosmo.

La storia di Catello Di Maio di Cesto Bakery: una vita da fornaio

Come tutte le storie importanti, quella tra Catello Di Maio ed il pane ha sì un inizio, ma dai contorni non netti. È come se egli fosse andato verso il pane, e quest’ultimo verso di lui. È proprio Catello a raccontarci la sua storia rispondendo alle nostre domande.


Quando hai cominciato a fare il pane?

“Io nasco come fornaio, sono cresciuto nei forni. Mio nonno era fornaio, lo era anche mio padre e mia madre lo vendeva porta a porta. Non ricordo quando ho cominciato a lavorare, ero piccolissimo. La sera, quando non riuscivo a dormire, mia madre mi portava al forno da mio padre e io lo osservavo fare il pane. Crescendo ho cominciato a lavorare, soprattutto in estate o quando la scuola era chiusa, come nel periodo di Natale e di Pasqua”.

La passione per il pane ha mai vacillato?

“Studiavo Tecnologie Alimentari, ma all’epoca non completai gli studi perché feci la domanda per entrare in Marina. Dopo un anno tornai perché ho capito che ciò che volevo era fare il pane. Così ho aperto un laboratorio dove producevo prodotti in atmosfera modificata, era un lavoro quasi industriale, ma anche in quel caso mi sono accorto che non era quello che volevo dalla vita. Facevo i numeri ma non potevo esprimermi. Si deve immaginare un artigiano come un artista”.


Quanto è importante studiare per fare il pane?

“Da poco mi sono iscritto di nuovo all’università, di nuovo studio Tecnologie Alimentari. L’ho fatto per fare meglio il mio lavoro, conoscere i processi produttivi, le materie prime cosa accade quando mischi acqua e farina insieme. Prima il fornaio era un mestiere per i ragazzi che non volevano andare a scuola, ma creare il pane è chimica, biologia e matematica insieme. Mettere semplicemente il sale all’inizio, durante o alla fine del procedimento di creazione dell’impasto cambia le caratteristiche del pane e un fornaio deve sapere perché. Per migliorare bisogna conoscere e per conoscere devi essere curioso e studiare ogni elemento e processo della panificazione. Diversamente, si può solo replicare una ricetta all’infinito in modo meccanico”.

Com’è nato Cesto Bakery?

Quando ho aperto Cesto ho dato libero sfogo alla mia fantasia spaziando su ogni tipo di prodotto lievitato: la pizza in teglia e in pala, la focaccia genovese, pane grosso e pane piccolo. Mi sono affacciato anche a ricette internazionali tipo la baguette o il pane di segale che vengono da culture completamente diverse dalla nostra. Viaggiare e conoscere la cultura del pane mi consente di portare a Torre del Greco delle ricette che magari qui non esistono. È bello guardarsi intorno e portare delle novità che possono esprimere le tue passioni. È importante innovarsi senza mai tralasciare le proprie radici, e infatti ho rilanciato la semolella, uno dei pani tipici di Torre del Greco. Mi piace guardare altre culture senza mai dimenticare la nostra. Non dobbiamo mai dimenticare chi siamo“.


Qual è la filosofia di Cesto Bakery?

“La nostra filosofia è il pane buono e diffondere una vera e propria cultura del pane buono. Oggi si pensa che se il pane è caldo è sinonimo di buono, non è così! Il pane buono si riconosce dal profumo, dal sapore e da come si conserva nel tempo. Una lenta lievitazione dà un pane più digeribile e più gustoso, ecco perché noi usiamo il lievito madre e tutti i nostri pani sono lievitati minimo 24 ore. Per fare le cose buone ci vuole tempo”.

Qual è stato l’incontro più importante per la tua carriera?

“Quello con Adon Chifon, un grande panificatore israeliano. Lo contattai per fare un corso con lui, così qualche mese dopo mi propose di partecipare a un corso di gruppo. Fui entusiasta, aveva delle grandi sensazioni. Lui non solo parlava con gli impasti, ma andava a caratterizzare già il lievito madre, per esempio mettendoci la zucca o la rapa rossa. Quando sono tornato a casa, ormai 8 anni fa, durante il viaggio in macchina mi sono chiesto: ma non ho capito niente finora? Il pane non lo avevo mai fatto. Adon mi aveva sbloccato e mi ha aperto un mondo. Adesso siamo grandi amici”.


Prima hai parlato della semolella: perché hai deciso di recuperarla?

La semmulella era un prodotto povero ottenuto dalla panificazione di farine di scarto. Nella vicina Torre Annunziata, per esempio, si faceva la pasta e si usava un grande grano, il Senatore Cappelli. In quegli scarti c’era anche la parte esterna dei chicchi di grano, che dà profumo e sapore. Spesso si dice che non esiste più il pane di una volta. È vero, ma perché non c’è più la farina di una volta. Prima si dava uno sguardo sulla qualità, non sulla quantità. Con la globalizzazione, la produzione industriale, ci siamo disabituati ai sapori. Oggi la gente va a mangiare dal paninaro di turno, ma provate ad accompagnare la semolella con un po’ di olio, alici di Cetara e pomodoro del piennolo che a noi non manca: mangiate qualcosa di straordinario, scoprite sapori eccezionali e autentici. I sapori di un tempo. Per andare avanti, dobbiamo guardare indietro”.

CESTO BAKERY di Catello Di Maio
Via Salvator Noto 26 – Torre del Greco – 081 849 20 86
Via Falanga 9 – Torre del Greco – 081 976 11 51
Info: info@cestobakery.it


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