La lasagna, il cui termine è, secondo alcuni, derivante già dalla lingua arabo-persiana, mentre secondo altri, dal greco làganon (tripode da cucina) o dal latino làsanum (recipiente), è una pietanza dalle origini molto remote. Le prime fonti pervenuteci, infatti, sono quelle del De Re Coquinaria di Apicio, cuoco dell’imperatore Traiano; inoltre, si sa che Cicerone, poco morbido durante le sue arringhe nei fori, a tavola preferiva cibi teneri, in particolare proprio la lasagna, per non danneggiare la dentatura oramai senile. In molti, tra gli illustri, sono stati golosi di tale pietanza: ne hanno parlato anche Orazio, Cecco Angiolieri e Jacopone di Todi. Ma soltanto nel 1935 le lasagne hanno ricevuto la consacrazione da piatto popolare a piatto ufficialmente riconosciuto attraverso l’opera Il Ghiottone Errante di Paolo Morelli.
L’originaria ricetta romana consisteva nella realizzazione di un impasto, i cui ingredienti principali erano farina e uova. Il composto ottenuto veniva poi tagliato in strisce rettangolari -o anche quadrate- piuttosto larghe. Infine si aggiungevano legumi e formaggio come condimento.
Oggi, le lasagne, la cui ricetta è a base di farina (o semola) e uova, sono molto concentrate nell’area nord-est del centr’Italia, in particolare in Emilia Romagna e Marche, dove il loro consumo è abitualmente domenicale. Ne esistono, però, tante altre varianti regionali, e quella campana, il cui godimento si ripresenta ritualmente nel periodo del carnevale, è tra le più apprezzate. Ivi, dove si parla anche di sagne o lagane, la besciamella tipicamente utilizzata nella versione romagnola viene sostituita dalla ricotta fresca, mentre ragù e parimigiano restano una costante anche in Campania; in più la versione nostrana aggiunge altri formaggi semiduri, salumi tagliati a dadini, uova sode e polpettine fritte.