I Foja non hanno bisogno di particolari presentazioni. Con il loro album di esordio “Na storia nova” hanno guadagnato in poco tempo il favore di pubblico e critica facendosi spazio tra i nomi più popolari della scena musicale partenopea. C’è chi li ha definiti gli eredi del Neapolitan Power e chi invece aldilà di ogni etichetta preferisce definirli “semplicemente” il nuovo fenomeno musicale napoletano.
Dall’uscita del loro primo album sono passati oramai due anni e adesso tornano alla ribalta con un nuovo interessantissimo disco: “Dimane torna ‘o sole“. In vendita nei principali negozi di dischi e store digitali.
–Ascoltando i vostri album si ha l’impressione che ci sia una volontà precisa di non nascondere la vostra provenienza culturale. Si tratta di una semplice scelta di stile o ha a che fare con l‘attaccamento alle proprie radici?
Sicuramente ci piace portare in giro un’ immagine legata a una cultura nobile della nostra città. Le nostre radici sono il punto di partenza per un viaggio che può spingersi ben oltre i confini campani.
–Nel corso della sua carriera a Massimo Troisi veniva posta sempre la stessa domanda “Non credi che l’uso esclusivo della lingua napoletana possa rappresentare un limite al tuo percorso artistico, legato ad una sorta di provincialismo nostalgico?” I Foja oggi cosa risponderebbero ad una domanda del genere?
Noi crediamo sia un vantaggio riuscire ad esprimersi con la propria lingua e che la nostra esigenza di essere onesti umanamente ed artisticamente ben si sposa con l’immediatezza e il suono della lingua napoletana.
-(Quindi) Secondo voi la potenza della lingua napoletana unita all’universalità della musica riesce a superare le barriere linguistiche ?
Assolutamente si! E più di una volta abbiamo avuto la conferma di questa nostra idea, avendo la possibilità di girare in tour per tutta Italia e avendo anche suonato spesso all’estero. La sensazione è che se hai qualcosa da dire la musica scavalca i codici e arriva dritto al cuore.
–C’è chi dice che con lo scioglimento di Napoli Centrale e la deriva pop di Pino Daniele la scena musicale napoletana sia finita. Credete sia davvero così o secondo voi la piazza di Napoli può offrire ancora buoni “prodotti” musicali?
Napoli è sempre viva, purtroppo ha il difetto di guardarsi sempre indietro e vivere di glorie oramai inattive per poter spingere una città fuori dalla crisi. Bisognerebbe osservare di più il presente per immaginare e disegnare un futuro migliore.Ci sono un sacco di progetti musicali che stanno nascendo o che appassionano il pubblico, l’importante è credere in quello che si fa ed essere più onesti possibile.
–Una domanda particolare la rivolgiamo a Gianni Schiattarella, il vostro batterista. Sappiamo che hai lavorato come operatore sociale con i bambini di Ponticelli. Una scelta professionale difficile. Cosa ti porti di quell’esperienza?
Lavorare con i bambini è bellissimo, hanno un energia contagiosa capace di metterti di buon umore. E’ stata una esperienza che mi ha insegnato tanto, sia a livello umano che artistico.
-Progetti per il futuro?
Attualmente siamo in tour e abbiamo qualche sorpresina per quelli che ci sono accanto e ci vogliono bene supportandoci…ma è una “sorpresina” quindi bisogna aspettare un po’!