Brunetta cambia i concorsi: via i quiz, avanti chi ha titoli ed esperienze. Giovani fuori


500.000 nuovi posti di lavoro da impiegare in tutta Italia nelle pubbliche amministrazioni. 100.000 all’anno per rinnovare, velocizzare e svecchiare in un quinquennio una classe di impiegati che nel nostro Paese è tra le più anziane d’Europa.  Sono solo 2 su 100 i giovani italiani impiegati, 21 in Francia e 30 in Germania. La media OCSE è di 18 per ogni 100 dipendenti.

Il Governo Draghi per riuscire nell’impresa vara una riforma che proprio tra i giovani viene aspramente contestata. Con un decreto legge pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 1 aprile, si dà il via alla rivoluzione nei criteri di selezione per i pubblici concorsi. In sostanza viene totalmente rimosso il test a quiz, quello a risposta multipla che solitamente determina la prima scrematura tra i concorsisti. Per velocizzare i tempi, il Ministro per le semplificazioni e della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, ha pensato di prendere in considerazione i titoli legalmente riconosciuti e le esperienze professionali maturate presso enti sia privati che pubblici. Sul tema Brunetta respinge le accuse di sfavorire i giovani neolaureati a digiuno da master ed esperienze: «Parliamo di titoli legalmente riconosciuti, come i diplomi, le lauree, le specializzazioni accademiche. In questo caso è sbagliato evocare una presunta penalizzazione dei giovani, che anzi, anche in ragione del ritardato ingresso nel mondo del lavoro. Spesso hanno acquisito titoli maggiori rispetto a chi si è laureato diversi anni fa». 

I RISCHI DELLA RIFORMA

Con tale criterio che esclude a priori alcune categorie di candidati, c’è il rischio di innescare quella antipatica catena clientelare diffusa tra le pubbliche amministrazioni. In particolare i Comuni potrebbero bandire dei concorsi cucendoli su misura per alcuni candidati che di fatto avrebbero accesso alla seconda fase a scapito di altri cittadini. Una circostanza non proprio remota in considerazione di fatti analoghi consolidati nel tempo presso le PA. La riforma sembra irrobustire questa prassi anziché demolire un intollerabile sistema diffuso da Nord a Sud.

IL CONCORSONE PER IL SUD

Fortemente voluto dal Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, Mara Carfagna, il maxi concorso occuperà ben 2800 nuovi dipendenti presso le pubbliche amministrazioni. Una boccata d’ossigeno che servirà a rafforzare le precarie strutture, attualmente lontane da efficienza e velocità. I vincitori del concorso saranno impegnati per un massimo di 36 mesi e si occuperanno della progettazione e della spesa dei fondi previsti dalla politica di coesione dell’Ue.  La riforma Brunetta troverà applicazione già in questo concorsone che auspicabilmente sarà oggetto di un numero cospicuo di candidati.

LA CONTESTAZIONE

Il punto su cui si concentra l’opposizione dei giovani fa rifermento all’abolizione della prova preselettiva e al ricorso ai parametri dei titoli conseguiti e all’esperienza maturata. Il fronte che più di tutti si sta opponendo alla riforma è il “Comitato NO Riforma Concorsi PA” che rivendica il diritto di partire a concorso bandito con eguali possibilità. Meritocrazia al posto del privilegio. Ne è nata anche una petizione che ad oggi conta quasi 15.000 firme. Dai concorsi, in particolar modo quello per il Sud, ne rimarrebbero fuori tutti i neolaureati. Ma anche i giovani under 30 o di qualche anno in più che non hanno conseguito un master disponendo di limitate risorse economiche rispetto a chi con la tasca gonfia si è garantito un ulteriore tassello formativo. O chi ancora non ha maturato una esperienza pregressa presso una pubblica amministrazione. Parametri che condannano i giovani, eppure la riforma voluta da Brunetta prevede come principio ispiratore lo svecchiamento delle PA. Una contraddizione evidente che pone le sue basi sulle disparità economiche e sociali. E a pagare il caro prezzo di un Paese fortemente iniquo come sempre sono i ragazzi. Il Comitato si prefigge l’obiettivo di portare sul tavolo del Governo una protesta tesa a scongiurare la conversione in legge ordinaria di un provvedimento promulgato come decreto. #ugualiallapartenza, l’hashtag ideato per esprimere gli ideali a fondamento della contestazione.

 


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