Scavi di Pompei: una storia importante

Eruzione Vesuvio del 79 d.C.


“Come potranno i posteri credere, quando le messi rispunteranno e questi deserti di nuovo rinverdiranno, che sotto i loro piedi sono sepolte città e popoli, e che i loro avi sono scomparsi sotto un mare di fuoco?”

Queste le parole di Publio Papinio Stazio a soli tre lustri dalla terribile eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che sconvolse la piana campana. Ove prima verdeggiavano campi rigogliosi, vigneti lussureggianti e le città pullulavano brulicanti di vita, ora ci si trova dinanzi ad un paesaggio lunare, privo di vita e ad un assordante silenzio, che altro non lasciava all’animo, se non poche parole di pietas nei confronti di coloro che scomparvero in quel triste giorno di Agosto.

Una tragedia mai dimenticata del tutto, che riecheggiò a lungo nelle parole di oratori, scrittori e poeti, per poi cadere nell’oblio dei secoli bui del Medioevo. All’alba del 1500 il poeta napoletano Jacopo Sannazzaro ridestò la curiosità dei più, immaginando nella sua Arcadia la discoperta della città vesuviana, nella località denominata “Civita” in agro di Torre Annunziata. Da allora, molti tentativi si susseguirono nel tentativo di riportare alla luce le antiche vestigia della città, tutti seguiti da grandi abbagli ed errori grossolani.

Anno 1592, durante i lavori di derivazione delle acque del fiume Sarno verso la Città di Torre Annunziata, l’arch. Domenico Fontana si imbatté, dopo aver tagliato le mura di diversi edifici, in un’iscrizione recante la dedica alla Venus Phisica pompeiana. Nuovamente, nel 1689, un contadino alle prese con i lavori di realizzazione di un pozzo alle pedici del Vesuvio, portò alla luce numerose epigrafi, delle quali una menzionava esplicitamente Pompei, tuttavia le evidenze vennero erroneamente ascritte alla villa di un Pompeius.

La scoperta di Via dell'Abbondanza

La scoperta di Via dell’Abbondanza

La svolta nella ricerca archeologica, avvenne solo 50 anni dopo, nel 1748 quando l’ing. Gioacchino di Alcubierre, già alacremente impegnato nello scavo di Ercolano, agevolato da re Carlo III di Borbone, giunto in una fase di stasi dei lavori, si interessò all’area della “Civita”. Egli era fermamente convinto che si trattasse del sito dell’antica Stabiae, tuttavia venne ben presto smentito. Solo 12 operai a disposizione, un’ampia cavità nel terreno lasciava presagire la presenza di un edificio per lo spettacolo e l’Alcubierre sulle ali dell’entusiasmo si affrettò a battezzare la struttura “Teatro Stabiano”: quel che non sapeva è che aveva appena riportato alla luce dopo migliaia di anni l’Anfiteatro di Pompei!

L'Anfiteatro di Pompei

L’Anfiteatro di Pompei

Per tutto il secolo si succedettero lavori incessanti che suscitarono l’interesse di tutta Europa, inaugurando così la nuova stagione del “Grand Tour”. Carlo III rese la Reggia di Portici un museo, ricco di ogni mirabilia proveniente dagli scavi. La scoperta del Tempio di Iside diede nuova linfa alla moda egittologica, influenzando elité sociali e culturali.

Il tempio di Iside

Il tempio di Iside

Nel 1860 la direzione degli scavi venne affidata a Giuseppe Fiorelli, fautore del metodo scientifico, per la prosecuzione degli scavi. A lui si deve l’attuale divisione in regiones, insulae e case della città vesuviana, impedì che le pareti affrescate e i mosaici continuassero ad essere strappati dai loro contesti originari ed inoltre elaborò il sistema dei calchi in gesso per la restituzione dei corpi dei pompeiani e degli elementi organici, che lasciarono la loro impronta nelle ceneri vulcaniche solidificate.

Calco in gesso di un cane

Calco in gesso di un cane

Il XX secolo, è segnato dalla quarantennale attività di Amedeo Maiuri, il quale inaugurò lo scavo stratigrafico, puntando all’individuazione delle fasi più antiche del centro campano, restituendo nella sua interezza il circuito murario della città e rinvenendo sul versante meridionale di Porta Nocera la più vasta necropoli oggi nota a Pompei.

La storia più recente del sito, invece, è tristemente nota alla cronaca per il numero sempre crescente di crolli. Pompei, giunta intatta a noi dopo quasi tre millenni, giorno dopo giorno, sta cedendo il passo all’incuria. Edifici che svaniscono sotto lo sguardo attonito dei visitatori; pochi custodi preposti a tutela di quasi 66 ettari, dove ogni turista può prelevare dalla città il suo personale souvenir; dove l’endemica carenza di archeologi e restauratori, sta generando serissimi problemi per la corretta fruizione dell’intero comprensorio.

Indro Montanelli scriveva:
“Un Paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani.”

Solo un’inversione di tendenza potrà restituire dignità ad uno dei siti archeologici più importanti al mondo.

Leggi altro ancora sugli Scavi di Pompei ed i suoi misteri, dal mito alle origini.


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