Scarso impegno, voglia di vincere inesistente. È tornato il Napoli dell’ammutinamento


Ieri sera a Udine è andato in scena l’ennesimo scempio di un finale di stagione imbarazzante. Il Napoli è sceso in campo trasmettendo una inquietante sensazione: il desiderio che finisca tutto il prima possibile per ripartire da zero. Di nuovo.

Scarso impegno, voglia di vincere inesistente. È tornato il Napoli dell’ammutinamento

Gli azzurri al Bluenergy Stadium non sono riusciti neanche ad inebriarsi delle particelle ancora rimaste in circolo dal 4 maggio scorso. Il primo tempo è stato devastante: scarsa qualità, impegno minimo, generosità zero. Un pigro predominio territoriale al cospetto di una squadra in palese difficoltà, incredula dinanzi a cotanta mediocrità.

Nella ripresa l’episodio isolato del gol di Osimhen ha infastidito se possibile ancora di più: cross svogliato di Politano con il piede non suo, colpo di testa che sembra quasi non voler finire in rete quando colpisce il palo, esultanza inesistente.

Il nigeriano è sembrato quasi aver segnato in allenamento: testa bassa, neanche l’accenno di un sorriso e di fretta verso il centrocampo, mentre qualche compagno lo cercava per abbracciarlo timidamente. Quasi a voler dire: “quando finisce che voglio andarmene da qui?”. Caro Napoli, non sei l’unico a pensarlo: anche gli impavidi che erano presenti sugli spalti non vedono l’ora che ve ne andiate (quasi) tutti.

Il pareggio dell’Udinese è stato l’ennesimo regalo di un’annata che si sta trasformando in un incubo: solita difesa senza misure, solito inserimento, solita conclusione da due metri che gonfia la rete. Con buona pace del partenopeo Fabio Cannavaro, che probabilmente con questo punto riuscirà ad ottenere la sua salvezza.

Per questa squadra, invece salvezza non esiste, neanche in caso di qualificazione europea, sempre più remota. Sembra il fantasma neanche troppo lontano dell’ammutinamento ancelottiano, ed oggi come allora, una stagione di successi preventivati si è trasformata in un incubo da cui uscire quanto prima. Mentre gli sciacalli danzano sulle macerie di un trionfo leggendario. E lontanissimo.


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