In particolare i nobili e ricchi napoletani, per il giorno di Carnevale, davano mandato di costruire dei grossi carri, con al centro alberi alti anche venti metri e ricolmi di ogni leccornia. L’intero volgo partecipava a questo gioco molto sadico e tragico, che spesso causava morti e feriti per la ferocia con cui il popolo si dava alla competizione. Per rendere il tutto più complicato il palo centrale era ricoperto da grasso animale o sapone. Il gioco era finalizzato all’abbuffata, che a Napoli era l’ usanza da parte del popolo di saziarsi abbondantemente prima del lungo digiuno quaresimale.
E in effetti era proprio quella che avveniva, almeno per i più fortunati. Non per nulla la parola “cuccagna” deriva dal latino medievale “cocania” ed è un termine che usavano scherzosamente gli autori francesi per indicare un posto immaginario in cui anche i cialtroni vivono come i re, circondati da cibo e ogni sorta di bontà.
Man mano a Napoli e anche presso altre corti italiane, sono nati dei veri e proprio giochi e percorsi ad ostacoli legati all’albero della cuccagna. Si arrivò anche a sostituire il cibo con premi in denaro. Ma oggi il più delle volte si tratta semplicemente si arrivare a strappare dalla cima dell’asta delle comuni bandierine.