Il Rinascimento celato nel cuore di Napoli: Santa Maria alla Stella alle Paparelle


Il Rinascimento a Napoli si manifesta palesemente nel suo centro antico, con una successione continua di architetture da scoprire man mano che si procede lungo la sua “direttrice”.

Può capitare, però, talvolta di notare anche alcuni episodi celati, immediatamente a ridosso, laddove, dopo massicci interventi di riqualificazione urbanistica, è possibile fare ancora interessanti scoperte. A quel punto è proprio vero, come sosteneva un noto storico su Napoli, che nulla della sua storia architettonica è andato realmente perduto.
Parliamo di Santa Maria Stella alle Paparelle, sita in fondo all’omonimo vicolo. Piccolo, ma prezioso episodio architettonico attribuibile ad uno dei maggiori esponenti dell’architettura rinascimentale a Napoli, Giovanni Francesco Donadio, detto il Mormando. La sua impronta stilistica è evidente in svariati edifici della città storica, a cominciare dalla sua nota residenza, il palazzo Mormando, in via S. Gregorio Armeno.

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La chiesetta fu edificata nel 1519, per suo stesso voto (si racconta che il Mormando avesse superato un periodo di malattia e avesse deciso di erigere una cappella a Santa Maria Stella Maris) al posto di un tempietto di cui si conserva un’iscrizione dello stesso autore sulla porta della sacrestia. Il nome dell’autore è riportato più volte anche sulla targa centrale in facciata, poi all’interno sul piedistallo della statua di San Giovanni. Il blocco edificato all’epoca si mostrava isolato su un declivio che conduceva al mare (da cui il nome della chiesa).

Per ciò che riguarda il toponimo, il termine Stella fa riferimento all’epiteto della Madonna Maria Stella, mentre la denominazione “Paparelle” è dovuta al nomignolo dato nel Cinquecento dal popolo napoletano alle fanciulle ospiti di un ritiro per giovanette voluto da una nobile e pia gentildonna, Luisa Paparo, e da suo padre Aurelio, già tra i fondatori del Monte di Pietà.

All’esterno la chiesetta mostra un prospetto abbastanza ben conservato ma sito in scarse condizioni di visibilità, perché, dopo gli interventi urbanistici per il Risanamento, il livello della strada ha subito un salto di quota, coprendo l’altezza dello zoccolo e dei cinque gradini d’accesso alla chiesetta. La composizione grafica della facciata nel complesso è ben proporzionata, eccetto qualche elemento: osservandola, procedendo dall’alto al basso, si nota come sia sormontata da un timpano su cui poggiano tre urne, di dimensioni eccessive in relazione all’intera facciata. La parte centrale è scandita da quattro lesene di ordine corinzio (piuttosto piatto), caratterizzato dalla presenza di una stella che si ripete negli spazi ed una doppia conchiglia. Le quattro lesene definiscono tre zone in facciata, una centrale con l’ingresso alla chiese, le altre due laterali ospitanti le due nicchie, sormontate da tondi (evidente richiamo di stampo bramantesco) scanalati a raggiera. Fra le nicchie e i tondi vi sono delle iscrizioni (come anche sulla porta d’ingresso, nel fregio) che segnano una ricorrenza orizzontale ben proporzionata ed equilibrata a quella verticale delle lesene. La delicatezza del particolare è ben giustificata dalle piccole proporzioni. L’interno è uno spazio rettangolare di piccole dimensioni, con tre nicchie per lato, con accanto una piccola abside, il tutto coperto da una volta a botte.

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Interessante parlare di qualche dettaglio: le nicchie in prospetto sono poco profonde, hanno dunque solo funzione ornamentale contribuendo ad un semplice effetto chiaroscurale.

Il portale d’ingresso rievoca un gusto antico con arco su pulvini. Nell’absidiola s’innesta il vano di passaggio che è curvo quindi anche il portale d’ingresso assume questa forma che sembra sghemba, come fa anche il Brunelleschi nella chiesa di Santa Maria degli Angeli (quindi il Mormando si presume abbia visto i disegni del Brunelleschi)

Si presenta cosi, come tante altre chiese, chiusa e “isolata” dall’architettura circostante. Sarebbe molto interessante, come per tanti altri beni architettonici nella città, poterla riaprire al pubblico e consentire di visitarla ed ammirarla anche all’interno. Restiamo comunque fiduciosi del fervente clima culturale che sta riabbracciando nuovamente Napoli e l’attenzione sempre più crescente sulle architetture di valore storico, artistico, culturale in disuso da qualche tempo che, lentamente, accennano ad un nuovo respiro.

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Questo articolo fa parte della rubrica sulle Chiese di Napoli .”Napoli, la città delle 500 cupole”.


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