Antonio Careca: la scoperta di Ferlaino e la febbre prima della finale con lo Stoccarda


Era un attaccante veloce, potente e dotato tecnicamente. Il suo piede naturale era il destro, ma sapeva calciare bene anche con il sinistro. Era abile nei colpi di testa; il suo senso della posizione lo aiutava nel trovarsi al posto giusto al momento giusto in area di rigore. Era capace di impeccabili conclusioni in diagonale in corsa. Insieme ai suoi compagni Maradona e Giordano formò uno dei tridenti più forti di tutta la storia del calcio. La “Ma-Gi-Ca” è e sarà per sempre tatuata nel cuore di tutti i napoletani. Il suo nome era Antônio de Oliveira Filho ma fu soprannominato Careca perché omonimo di un pagliaccio della tv brasiliana (Carequinha) che metteva paura ai bambini come lui ne metteva ai difensori avversari. Oggi compie 60 anni. Una vita dedicata al calcio con un’unica grande costante: il gol nel sangue.

Nacque a Araraquara in Brasile nello stato di San Paolo il 5 ottobre del 1960. Esordì calcisticamente nel Guaranì, dove in 5 anni  dal ’78 all’83 giocò 130 partite segnando ben 115 gol (una media di 0,88 a gara). Con il club brasiliano che attualmente milita in terza divisione, Careca vinse anche un Campionato Paulista (1978) regalando quello che è ancora oggi l’unico trofeo conquistato dalla squadra campineira. Successivamente passò al San Paolo confermando le sue grandi doti in ambito realizzativo.  Nell’86, Careca visse uno dei migliori anni di tutta la sua carriera: vinse il campionato statale e quello nazionale con il San Paolo, e con 25 gol fu anche il miglior realizzatore della Coppa Brasiliana. Tra le 25 reti, vi fu anche quella segnata a un minuto dal termine della finale di ritorno contro la sua ex squadra, che permise al San Paolo di portare la partita ai rigori, vinti poi per 4-3. Il bottino al termine di quest’altra esperienza fu di 107 reti in 136 presenze. Numeri da capogiro.

La notizia di quel 27enne che stava facendo faville arrivò ben presto all’ombra del Vesuvio. A tal proposito, è doveroso ricordare l’aneddoto che portò il futuro attaccante azzurro alla corte del presidente Corrado Ferlaino. Quest’ultimo infatti era in Brasile per una vacanza con la famiglia. Guardando una trasmissione calcistica locale, l’allora patron partenopeo si soffermò su quel numero 9 finendo con l’innamorarsene perdutamente. L’estate stessa staccò un assegno di 4 miliardi delle vecchie lire dopo aver proposto un ingaggio da 600 milioni al calciatore. L’esordio è datato 27 settembre 1987, in un Pisa-Napoli vinta poi a tavolino per via di una monetina che piovve dagli spalti e colpì Renica al capo (un episodio simile a quello che sarebbe successo ad Alemao tre anni più tardi). Con il Calcio Napoli, Careca vinse un Campionato (’89-’90), una Supercoppa Italiana (1990) e una Coppa Uefa (’88-’89) divenendo, tra l’altro, capocannoniere di quest’ultima con 6 gol e timbrando il cartellino sia nella gara di andata che in quella di ritorno (con tanto di febbre!). Nel ‘93 lascia con un po’ di rammarico quella che per sei anni era stata la sua casa. Con lui la città ha vissuto momenti unici ed indimenticabili. Provò con successo l’avventura nel campionato giapponese al Kashiwa Reysol prima di tornare in patria dove chiuderà dopo qualche stagione la sua incredibile carriera.

“Cosa mi manca di più del calcio? Un brivido. Quello che mi correva dietro la schiena ogni volta che mettevo piede al San Paolo e sentivo l’urlo dei 90.000. Uno scudetto a Napoli vale per 10. Qua si gioca contro tutto e tutti. I tifosi fanno la differenza a Napoli perché sono i più passionali. Nella finale di ritorno contro lo Stoccarda avevo 41 di  febbre, ma Ferlaino mi disse che credeva in me e che dovevo giocare. Sapete tutti come andò a finire… Diego? Con lui era tutto più facile. Non dimenticherò mai di quelle pizze mangiate alle 2 di notte per sfuggire ai tifosi…”. Tanti auguri Antonio!


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