Il ‘cancro del calcio’ è tornato: Giraudo chiede i danni allo Stato italiano e riapre Calciopoli


Calciopoli non è ancora finita. Ebbene si, Antonio Giraudo attraverso i suoi legali ha chiesto un risarcimento danni allo Stato, reo, secondo quanto si evince dagli esposti al Tar di Roma depositati in occasione della prima udienza della causa intenta dall’ex dirigente della Juve, di aver danneggiato gravemente la sua persona. Gli avvocati Dupont e Rosboch di quello che fu l’amministratore delegato bianconero dal 1994 al 2006, quando fu radiato, hanno chiesto che in via pregiudiziale il Tar rimetta gli atti alla Corte di Giustizia Europea, dopo la decisione del Tribunale di Strasburgo di discutere della vicenda.

Giraudo vuole riaprire Calciopoli e chiede i danni allo Stato italiano

In sostanza, secondo Giraudo la decisione di estrometterlo definitivamente dal mondo del calcio sarebbe stata incompatibile con i diritti sanciti dall’Unione Europea, che garantisce ad ogni cittadino la ‘tutela giurisdizionale effettiva’ ad esercitare la propria professione. Esercizio che gli sarebbe stato vietato dalla sentenza Calciopoli.

“Questa legge conferisce un monopolio disciplinare alle federazioni sportive e impedisce al Tar di annullare o riformare le decisioni delle federazioni. Ci si auspica che in via pregiudiziale il Tar rimetta alla Corte di Giustizia Europea la questione di incompatibilità di tale legge rispetto ai principi del diritto comunitario. Il Tar ha deciso di trattare, in una prossima udienza che sarà fissata a breve, tale rilevante questione trasversale anche ad altri recenti e noti casi sottoposti alla sua giurisdizione”.

Se la Corte di Giustizia Europea dovesse dar ragione a Giraudo, lo Stato italiano potrebbe trovarsi di fronte al paradosso di dover risarcire una spropositata somma al manager della ‘triade’ che macchiò indelebilmente con manovre illecite il calcio nostrano e lo sport in generale. Calciopoli potrebbe davvero essere riaperta, scoperchiando quel baule di umiliante vergogna che ha minato irrimediabilmente la certezza che almeno il gioco del pallone fosse scevro da interferenze appellate all’epoca dei fatti come vero e proprio ‘cancro’. Nella maniera più cruda, nella maniera più vera.


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