“La mia città” – la mostra d’artigianato a cura dei ragazzi del Don Bosco di Napoli


Quale momento migliore se non il Natale per mettere in mostra i propri lavori d’artigianato? Le festività sono alle porte e, a Napoli, presso la casa Salesiana Don Bosco sita in zona Doganella, martedì 22 dicembre si è tenuta una vera e propria esposizione d’artigianato napoletano dal nome “La mia città”.
Un albero totalmente in plastica, un caminetto realizzato con pittura e cartone, disegni originali, elementi d’arredo costruiti e verniciati in arte contemporanea e riproduzioni della celebre tela pop art “Vesuvius” di Andy Warhol: questo è stato il biglietto da visita nell’aula congressi del Don Bosco.

Riproduzioni della tela "Vesuvio" di Andy Warhol

Riproduzioni della tela “Vesuvio” di Andy Warhol


I lavori esibiti sono stati il frutto di un intero trimestre dei ragazzi della scuola media del progetto “Valdocco” che, non solo hanno messo in vetrina le loro creazioni ma, hanno anche assunto il ruolo di Cicerone esponendo e raccontando la storia di ogni realizzazione.
Lo staff di professionisti del centro Don Bosco si pone quotidianamente l’obiettivo, attraverso attività educative, ludiche, laboratoriali e professionali, di aiutare i giovani più fragili e bisognosi di riscatto, offrendo loro a una solida comunità in cui identificarsi.
Il Don Bosco, vantando di una storia di oltre 50 anni,  è una forte realtà attiva e presente sul territorio napoletano e a raccontarcela nel dettaglio è Don Mario del Piano, direttore dell’Oratorio Doganella Don Bosco.

Di cosa si occupa il Don Bosco?

Il Don Bosco ha una storia che viene dagli anni ’60: si rivolgeva in particolar modo ai giovani più fragili, a quelli che non frequentavano la scuola superiore e a coloro che avevano bisogno di imparare un mestiere. Poi il progetto sulla formazione professionale fallì e, nel 1988, a distanza di cent’anni dalla morte di Don Bosco, l’opera fu ripensata dai salesiani come l’oratoria dai mille mestieri (casa, scuola, cortile di gioco e chiesa) creando un ambiente capace di accogliere i giovani secondo i loro bisogni.

Attualmente quali sono i progetti che il Don Bosco cura?
Al Don Bosco accogliamo ragazzi a partire dalla scuola media. I progetti che curiamo sono tanti: progetto Valdocco – una scuola paritaria che accoglie i ragazzi delle medie. Attraverso questo progetto  si vuole creare un percorso educativo interessante per i ragazzi. Questa non è una scuola competitiva e selettiva ma, una scuola dove si predilige l’integrazione sociale, una scuola che trasforma le classi in gruppo utilizzando un metodo d’apprendimento di tipo cooperativo. I ragazzi insieme ai loro insegnanti ed educatori costruiscono un percorso di apprendimento personale.
Un progetto simile è La Zattera che segue i ragazzi che frequentano le scuole superiori statali.
Un altro è quello dell’educativa territoriale  il supporto ai ragazzi viene dato 4 ore al giorno per 5 giorni a settimana. I ragazzi con l’aiuto degli educatori svolgono i compiti scolastici e si cimentano in attività ludiche e laboratoriali.
Il progetto Le ali è gestito da volontari, generalmente professionisti in pensione e si rivolge ai giovani dai 16 ai 25 anni per attività di recupero non solo scolastiche ma di recupero della propria identità.
Il sogno è la casa – famiglia del Don Bosco che accoglie circa otto minori.  Infine vi è un ultimo settore – il settore della formazione professionale– che ha l’obiettivo di portare i ragazzi alla qualifica professionale di primo livello.

Quali sono i risultati che il Don Bosco ha ottenuto nel corso degli anni?

E’ sempre una scommessa e non c’è nulla di garantito perché educare, in questo caso, è un’azione a rischio in quanto si ha a che fare con ragazzi che sono molto influenzati dal contesto che li circonda. 
Alla fine dei piccoli percorsi i risultati sono positivi, ad esempio i ragazzi del progetto Valdocco riescono al 100% a conseguire il diploma di terza media. Il bilancio è nel complesso positivo. Speriamo in futuro di disporre di maggiori corsi professionali per non consegnare alla società dei ragazzi senza alcuna competenza. Al momento solo il progetto “le ali” è in grado di garantire una formazione professionale.

Esiste un supporto anche per le famiglie?

Sì, dare un supporto alle famiglie è fondamentale per i nostri ragazzi: abbiamo creato incontri di formazione per i genitori ed anche uno sportello di consulenza rivolto soprattutto alle madri. Il nostro lavoro si svolge in modo integrato con il lavoro dei servizi sociali.

Quali sono le prospettive future di supporto per i ragazzi?
In primis la creazione di numerosi corsi professionali. A gennaio partirà il corso professionale per pizzaioli. La mia speranza è di creare, in futuro, anche altri corsi di formazione per offrire ai giovani sempre più chance per strapparli dalla strada e dal lavoro facile della camorra, tutto dipenderà dai bandi regionali ed europei.
Una prospettiva sul lungo termine è quella di poter aiutare i ragazzi a creare una propria impresa professionale.

 


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