Trento, la frase choc di un giudice: “Siamo in un posto civile, non a Palermo”


Una bufera mediatica si è abbattuta in un’aula di tribunale di Trento, dove un giudice si è reso protagonista di un’uscita infelice e dai contorni razzisti. “Avvocato, lei taccia, perché qua siamo in un posto civile, non siamo a Palermo”, questa la frase choc che ha pronunciato il Presidente del Tribunale del Riesame di Trento, Carlo Ancona, durante un’udienza di rinvio.

A rivelarlo all’Adnkronos è stato Stefano Giordano, l’avvocato a cui era rivolta “l’ammonizione” del giudice: “Sono preoccupato per l’accaduto, in quanto avvocato, in quanto cittadino italiano e, soprattutto, in quanto palermitano – dice Giordano -. Ho già concordato con il presidente del’Ordine di Palermo, l’avvocato Francesco Greco, di redigere insieme un esposto che sarà prontamente comunicato al Csm e alle altre autorità istituzionali competenti”.

La frase è approdata al Consiglio superiore della magistratura. Piergiorgio Morosini ha chiesto l’apertura di una pratica.

Un fatto di una gravità assoluta che dimostra ancora una volta quanto certi automatismi di matrice razzista non siano solo esclusiva degli stadi ma circolino in maniera uniforme da Roma in su (con le dovute eccezioni, ovviamente). Ma è ancora più avvilente constatare che neppure le aule di tribunale, che dovrebbero essere vergini, pure e neutrali per rispetto alla legge e alle norme morali, ne siano esenti.

Trento è lo specchio di un’Italia che per comodità, ma soprattutto ignoranza, si aggrappa quando può e come può al solito facile pregiudizio che, purtroppo, pur provocando indignazione e sconcerto in tanti, trova ancora troppi consensi.


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