Ottavio Bianchi: “Al Nord mi chiamavano terrone. Mai vista cultura come a Napoli”


Ottavio Bianchi, allenatore del Napoli che vinse lo scudetto nel 1986-1987, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Corriere dello Sport. Ecco le dichiarazioni più importanti:

“A casa mia non ho né una coppa né una maglia né un trofeo. E non vado nemmeno più a vedere le partite, le seguo in tv. Non mi piace l’atmosfera che si respira in certi stadi, detesto gli insulti, gli improperi, le contumelie razziste. Quando allenavo il Napoli e venivamo al Nord, mi chiavamano terrone; quando andavo al Sud e allenavo una squadra del Nord, mi davano del leghista”.

Su Napoli: “A Napoli sono stato giocatore, allenatore e anche dirigente, quando scelsi Lippi prima e Simoni poi. In nessuna altra parte al mondo ho incontrato la cultura, la signorilità, l’intelligenza che ho trovato a Napoli. Ho nella testa e nel cuore il coro che i 70 mila del San Paolo mi dedicarono. Accadde nel maggio dell‘88, in occasione dell’ultima partita con la Samp, al culmine del periodo in cui c’era chi non mi voleva più in panchina”.

Sul presente azzurro: “Io sono di parte e la premessa è doverosa. Ma non è per questo che affermo: Napoli, è l’anno buono. E non per la legge statistica dei grandi numeri, ma per i grandi numeri della squadra di Sarri. Non lo conosco, devo dire che è bravissimo. E’ un piacere vedere in azione il suo collettivo. Giocano tutti a memoria. Il calcio è una cosa semplice: quando uno ha il pallone e tutti gli altri restano fermi, non vai da nessuna parte; quando uno ha il pallone e gli altri si muovono sapendo ciò che devono fare, è tutta un’altra musica. Negli ultimi cinque anni il Napoli è arrivato due volte secondo, due volte terzo, una volta quinto. Quando si acquisisce questa continuità di piazzamenti, lo scudetto non diventa più una chimera”.


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