“Sporca napoletana”, la lettera di una terrona al Nord: “Io, insultata tutti i giorni”


Lettera aperta di una ragazza napoletana che ha vissuto per ben 10 anni a Milano. La ragazza ha vissuto anni di sofferenza, a causa di persone la cui chiusura mentale può portare a vivere episodi incresciosi. Persone che trattano simili in maniera diversa, addirittura barbara, perchè provenienti da un’altra città.

Una città mal vista dai ben pensanti, non si sa per quale assurdo motivo. Una città dove, ancora oggi, vietano ai meridionali di affittare case e stanze. Situazioni che quando degenerano provocano anche episodi spiacevoli (come accaduto prima di una partita di calcio, con un tifoso interista addirittura morto). Anni in cui ha subito angherie di ogni tipo ma, nonostante tutto, la ragazza riesce a dare una risposta di grandissima intelligenza. E di grandissimo cuore.

Di seguito la lettera pubblicata da “Terroni di Pino Aprile”:

“Quegli anni a Milano sono come un macigno sulle spalle, 10 anni discriminatori solo perché sulla mia carta d’identità c’è scritto Napoli.
La mia classica giornata milanese iniziava con l’ingresso in classe, l’apertura delle finestre e il seguente ritrovamento del mio giubbotto al suolo.
Queste azioni avevano il compito di annientare e disperdere il più possibile la puzza che solo la pelle dei napoletani conosce.

La giornata filava, tra una lezione e l’altra, un insulto e l’altro, fino all’uscita da scuola dove un gruppetto di ragazzi mi accompagnava come fossi una star con la canzoncina: “Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani. Colerosi, terremotati, voi col sapone non vi siete mai lavati”.
Le mie giornate milanesi sono state di questo stampo per dieci anni.

C’erano tanti motivi per i quali non potevo competere con voi che mi guardavate dall’alto.
Mi sono sempre sentita uno zero, l’equivalente di una persona di poco valore, l’unica colpa di cui sono macchiata è quella di non essere stata lavata col fuoco.

Dieci anni trascorsi con una voce nella mia testa che mi ricordava l’esistenza di un numero, il meno valoroso di tutti che messo lì, solo, non serviva a niente: lo zero.
Valevo zero perché sono nata a Napoli.

Valevo zero perché il mio accento è diverso dal vostro.

Valevo zero perché mia madre ha usufruito della vostra terra per darmi da mangiare.

Valevo zero perché i soldi non bastavano per arrivare alla fine del mese.

Valevo zero perché non avevo vestiti firmati da indossare.

Sapete il tempo passa e ha portato con sè la consapevolezza dello zero: io valgo.
Valgo perché lotto ogni giorno contro una società che mi fa sentire uno zero.
Dopo aver analizzato la situazione dalla mia colerosa e terremotata Napoli, vorrei porvi una domanda: chi è che vale zero?
I pregiudizi, i luoghi comuni fanno in modo che le vostre menti restino chiuse.
Scusatemi se mi permetto di darvi un consiglio anche se sono napoletana: provate a cancellare tutti i pregiudizi esistenti, risvegliate i vostri sensi e analizzate il mondo che vi circonda in prima persona, sono sicura che ne resterete stupefatti.
Io vi perdono per quello che mi avete fatto.
Io vi perdono perché non sapete quello che fate.
Sporca Napoletana”


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