Alessandro Impagnatiello in lacrime al processo: “Spero di non svegliarmi più la mattina”

Alessandro Impagnatiello, l'assassino di Giulia Tramontano


Questa mattina si è tenuta la prima udienza a carico di Alessandro Impagnatiello per l’omicidio di Giulia Tramontano ed il piccolo che portava in grembo, che si sarebbe chiamato Thiago. Il processo si sta svolgendo presso la Corte d’Assise di Milano ed in questa occasione ha preso parola l’assassino, provocando l’uscita dall’aula della famiglia di Giulia, la quale ha ribadito di confidare nella pena dell’ergastolo.

Alessandro Impagnatiello in lacrime prende la parola in aula

Alessandro Impagnatiello ha preso la parola ed ha chiesto scusa, in lacrime, alla famiglia ed a tutti coloro che amavano Giulia Tramontano: “Sto chiedendo unicamente a tante persone scusa ma non sarà mai abbastanza. Sono stato preso da qualcosa che risulterà sempre inspiegabile e da disumanità. Ero sconvolto e perso. Quel giorno ho distrutto il bambino che ero pronto ad accogliere. Quel giorno anche io me ne sono andato, sono qui a parlare ma non vivo più. Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio e molto di più, non posso chiedere perdono. L’unica cosa che faccio è, la sera prima di dormire, sperare di non svegliarmi più il mattino dopo”.

Le accuse nei suoi confronti

Alessandro Impagnatiello ha confessato l’uccisione di Giulia Tramontano e del bambino che entrambi aspettavano, al settimo mese di gravidanza. È a processo con giudizio immediato. Oltre che di omicidio volontario aggravato è accusato di occultamento di cadavere ed interruzione di gravidanza, ma gli verrà contestata anche la premeditazione in luogo della semplice volontarietà delle azioni. Altre possibili aggravanti sono la crudeltà, il vincolo della convivenza ed i futili motivi.

Pentimento reale o strategia?

Le parole di Alessandro Impagnatiello non possono che suscitare dubbi riguardo ad un suo reale pentimento. Proprio di strategia aveva parlato il noto psichiatra Paolo Crepet quando l’assassino chiese di poter vedere suo figlio di 8 anni. Così ebbe a dire Crepet: “Con tutta probabilità si tratta di una strategia, magari concordata con i suoi legali. Inoltre, dato che questo soggetto ha trascorso la vita a manipolare qualsiasi cosa, potrebbe pensare che chiedere di incontrare il figlio sia una mossa che gli restituisce un’immagine seppur residua di umanità. Lo provano i comportamenti, la freddezza, l’assenza di pentimento, il fatto di essere corso subito dall’altra donna. Di base c’è un solo sentimento che ha armato la sua mano: l’indifferenza, l’insensibilità”.

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