“Nelle fumarole gas del magma in risalita”, il nuovo studio sui Campi Flegrei: cosa significa
Gen 24, 2025 - Veronica Ronza
Studio sui Campi Flegrei
Un nuovo studio sui Campi Flegrei, condotto dai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Geoscience, evidenzia le cause legate alla crisi bradisismica attuale che subirebbero l’influsso di gas provenienti da un magma in risalita. Condizione che, sottolineano gli esperti, sarebbe tipica delle zone vulcaniche non preannunciando assolutamente alcuna imminente eruzione.
“Gas dal magma”: il nuovo studio sui Campi Flegrei
Lo studio – intitolato Escalation of caldera unrest indicated by increasing emission of isotopically light sulphur e condotto in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo, l’Università di Cambridge e il Woods Hole Oceanographic Institute – punta l’attenzione su “un’importante anomalia riscontrata nella composizione dei gas delle fumarole della Solfatara, legata al contributo di gas magmatici”.
A partire dalla fine del 2018, infatti, le concentrazioni di idrogeno solforato, la specie di zolfo presente nelle fumarole della Solfatara, stando alle ricerche degli esperti, avrebbe registrato un aumento il cui significato è stato investigato con le più moderne tecniche analitiche.
“La nostra analisi dimostra che le variazioni osservate nella composizione delle fumarole non sono esclusivamente attribuibili a processi idrotermali superficiali. Il nostro studio evidenzia che l’anomalia di zolfo registrata nelle fumarole sia imputabile a un crescente contributo di gas dal magma che alimenta il sistema vulcanico dei flegrei, avvalorando l’ipotesi del coinvolgimento magmatico nell’attuale crisi bradisismica dei Campi Flegrei” – ha spiegato Alessandra Aiuppa, professore presso l’Università di Palermo.
Lo studio “ha identificato un contributo crescente di gas magmatici provenienti da un magma in risalita nella crosta terrestre, tra i 9 e i 6 km di profondità”. Il crescente trasporto di questi gas verso la superficie “inducendo il riscaldamento del sistema idrotermale e concorrendo alla generazione della sismicità osservata ai Campi Flegrei negli ultimi anni, potrebbe aver determinato una crescente ri-mobilizzazione dello zolfo intrappolato nei minerali idrotermali, contribuendo all’anomalia di zolfo osservata nelle fumarole”.
“Un crescente rilascio di zolfo dalle fumarole è tipica dei vulcani quiescenti che attraversano una fase di possibile graduale riattivazione” – ha aggiunto il team che ha condotto la ricerca. Si tratta di risultati che non implicano alcuna imminenza di una possibile eruzione vulcanica. Del resto, il sistema flegreo continuerà ad essere monitorato costantemente.
“La vera novità del nostro lavoro è aver documentato una chiara evoluzione nell’origine dello zolfo. Il crescente contributo magmatico nei gas suggerisce una importante evoluzione nella dinamica del sistema vulcanico flegreo dal 2018″ – ha sottolineato Giovanni Chiodini, dirigente di Ricerca Associato presso l’INGV.
“Questi risultati migliorano la nostra comprensione della crisi bradisismica in corso e ricordano l’importanza di un monitoraggio costante“ – ha aggiunto Stefano Caliro, dirigente tecnologo responsabile del monitoraggio geochimico dei vulcani campani presso l’INGV-OV e primo autore dello studio.
“In questo ed in altri studi in corso sulla caldera dei Campi Flegrei emerge la fondamentale importanza del monitoraggio continuo multiparametrico della caldera sia nella porzione emersa, che sommersa. La combinazione di tutti i dati offrirà una visione sempre più accurata della possibile evoluzione del sistema“ – ha continuato Mauro A. Di Vito, direttore dell’INGV-OV e co-autore dell’articolo.