Morte Mario Paciolla, il gip di Roma archivia il caso. Rabbia familiari: “Non ci arrendiamo”
Lug 01, 2025 - Redazione Vesuviolive
A quasi quattro anni dalla morte di Mario Paciolla, il cooperante italiano trovato senza vita in Colombia il 15 luglio 2020, il Tribunale di Roma ha deciso di archiviare il caso, accogliendo per la seconda volta la richiesta della Procura. Una conclusione che lascia sgomento e amarezza tra i familiari, i legali e chi da tempo chiede giustizia e chiarezza sulla vicenda.
La decisione arriva nonostante le numerose criticità sollevate nel tempo, anche attraverso una recente inchiesta di Fanpage.it, che ha evidenziato gravi incongruenze nella ricostruzione ufficiale della morte di Mario, avallata dalle autorità colombiane e dai magistrati italiani. Secondo tale versione, Paciolla si sarebbe suicidato.
L’inchiesta giornalistica ha messo in discussione questa tesi, documentando una serie di anomalie sulla scena del crimine, alterata prima dell’arrivo degli inquirenti – fatto riconosciuto anche dai giudici – e ripulita dal responsabile della sicurezza del team ONU in cui lavorava il cooperante, Christian Thompson.
Inoltre, Paciolla stava seguendo delicati dossier sugli omicidi di attivisti locali nel distretto di San Vicente del Caguán, zona ad alta tensione dove operava nell’ambito della missione ONU per il monitoraggio degli accordi di pace tra governo colombiano e FARC.
La famiglia: “Mario è stato ucciso. Non ci fermeremo”
In una nota, i genitori di Mario, Anna Motta e Pino Paciolla, insieme alle sorelle Raffaella e Paola e agli avvocati Alessandra Ballerini ed Emanuela Motta, hanno espresso profonda delusione per la scelta del Tribunale:
“Prendiamo atto con dolore e amarezza della decisione di archiviare. Sappiamo, non solo con la forza del cuore ma con le prove raccolte in anni di indagini e perizie, che Mario non si è tolto la vita: è stato ucciso perché aveva fatto troppo bene il suo lavoro in un contesto difficile e pericoloso, dove non ci si poteva fidare di nessuno.”
La famiglia ribadisce l’intenzione di andare avanti:
“Questa non è la fine, ma solo una tappa – per quanto dolorosa – del nostro percorso verso verità e giustizia. Continueremo a lottare finché non sarà restituita dignità alla memoria di Mario. È doloroso dover usare il verbo ‘lottare’ per ciò che dovrebbe spettarci di diritto. Ma sappiamo di non essere soli: tante persone sono con noi e lo saranno finché questa battaglia non sarà vinta.”
