“Schizzechea with love” su Piazza Plebiscito


A volte si parla di scherzo del destino, di quando questo si diverte a mettere in coincidenza certe situazioni e quando lo fa diventa una cosa da evidenziare, da raccontare, da ricordare, perché lo fa veramente come si deve. Ieri sera per quasi tutto il tempo del funerale di Pino ha “schizzechiato” su piazza Plebiscito, quella che è bella immaginare un giorno possa portare un altro nome. Forse un non napoletano non sa bene cosa significa “schizzechea”. Significa che una pioggia leggera ma non fastidiosa ha bagnato i capi dei presenti in piazza.

Che scherzi che fa il fato, come si diverte. Come lo fa lui non lo sa fare nessuno. Schezzechea è il titolo di una canzone di Pino del 1988, tratta dall’album “Schizzechea with love”, con amore, proprio come ieri più di 100.000 persone sono andate a salutare il grande artista. In questo stesso album c’è la canzone “cry”, piangi, e anche questo è stato fatto in piazza. Com’è bravo questo fato…

Ieri il cielo ha schizzechiato, ha pianto piano piano, discretamente, senza dar troppo nell’occhio e senza fare troppi casini, proprio come piaceva a lui, ma ieri sul quel palco non ha suonato né cantato. La piazza invece ha pianto, un po’ più rumorosamente del cielo.

Vorrei incontrarti per un’ora

e scivolare in quello che sarai

per ricordarci ancora

vorrei rubare per un’ora

qualche sorriso e qualche storia

però il tempo sta cambiando

schizzechea”

Tutti ieri ti avrebbero voluto incontrare per un’ora per rubare qualche tuo sorriso e qualche tua storia, magari tutta ‘nata storia, ma il tempo ieri è cambiato, ha schizzechiato e se ne sono accorti tutti, «viecchie, giuvene e guagliune», come cantavi in “Furtunato” nel 1977.

Che scherzi che fa il fato. Pino ha anche cantato «nemmeno muort stamm bbuon» e da morto ha affrontato prima un viaggio a Napoli poi ora gli aspetta un’autopsia. Non sappiamo se avesse voluto il saluto di Napoli, ma dopo quanto si è visto ieri, senza ombra di dubbio diciamo sì.

Napoli ieri ha vissuto una giornata storica. Il 7 gennaio 2015 è entrato di diritto negli annali della città, come il 7 settembre con l’ingresso di Garibaldi, o le Quattro giornate della rivolta antifascista e antinazista.

Il 7 gennaio 2015 centinaia di migliaia di «viecchie, giuvene e guagliune» si recarono nella piazza simbolo della città per dire addio a Pino Daniele, l’uomo che sentendo i racconti della gente in piazza, la notte prima era stato sognato nello storico concerto del 1981 per chi l’ha vissuto, oppure l’ha sognato in una scena di vita privata. Tutto questo mentre dal cielo schizzecheava e nel cuore si piangeva.

Cry, piangi Napoli per aver perso un uomo così, un artista, come ha detto ieri il vescovo Sepe, che ha «raccontato Napoli senza protagonismo ed eccessi» e che fece il paragone a una carta sporca come «un’atto d’amore, una provocazione».

«Che la sua morte sia un punto di partenza», ha continuato il prelato, ma davvero questa volta. Tra ieri sera e il giorno prima con la manifestazione spontanea nella stessa piazza, i napoletani hanno dimostrato che sanno essere generosi e uniti, umili, buoni e sinceri. Che sia un punto di partenza.

Ciao Pino


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