Cinquanta sfumature di grigio: il romanzo-film di un “amore” malato


Il romanzo Cinquanta sfumature di grigio pubblicato nel 2011 dalla scrittrice inglese E.L. James, primo di una trilogia, ha conquistato immediatamente il pubblico, soprattutto quello femminile: giovani donne nella fascia 18-30 anni.

I protagonisti sono il fantomatico Mr. Grey, giovane bello e seducente nonché miliardario, la studentessa neolaureata Anastasia Steele e poi una serie di amici che ruotano attorno la trama. Un uomo e una donna, sarà indubbiamente la solita storia d’amore… ma invece non è così. Anastasia vede in Mr. Grey l’uomo pronto a proteggerla e allo stesso tempo, a portarla fuori da quegli ideali alti e sublimi che ha sempre colto e adorato nei suoi romanzi preferiti. Ma in che modo? La ragazzina ventunenne è pronta a seguire un manuale molto particolare che basa la relazione “d’amore” su un rapporto “Dominatore-Sottomessa” esclusivo per la vita sessuale. La sottomessa ha il dovere di compiere tutto ciò che è richiesto dal suo dominatore al fine di compiacerlo nella sua vita erotica, se al contrario ciò non dovesse accadere, la ragazza sarà costretta a subire delle punizioni. Questa relazione così travolgente, dolorosa e piacevole porterà Anastasia ad innamorarsi di Christian e a spingersi verso il limite della sua malattia mentale. Una ragazza perfetta, bella e diligente con alti valori assunti tramite faticosi studi viene così completamente traviata da una relazione malata con uno uomo sconosciuto che le pone davanti ai suoi occhi esperienze anormali di rapporti fisici dolorosi e malati. Il primo libro termina con l’abbandono della relazione da parte della protagonista e la sua falsa promessa (decisamente scontata) di non vederlo più.

romanzo

Copertina del romanzo

Il successo di questo libro è dunque garantito da un tocco di erotismo che raggiunge il picco della malattia mentale, un’intera trama che ruota attorno al tema della fisicità dolorosa ricca di descrizioni e scene sempre identiche. Le battute tra i personaggi sembrano banali e adolescenziali, la consueta routine prima di una scena di sesso estremo per poi ripiombare nella solita narrazione meccanica, semplice e liscia.

La popolarità sancita dal romanzo specialmente nel pubblico femminile, nonostante la protagonista sia esplicitamente una schiava sessuale, ha trasformato le pagine in un film. Esso pur seguendo la trama appena citata fortunatamente è meno esplicito ma indubbiamente sconsigliato ad un pubblico di minorenni che in Italia hanno invece avuto il grandissimo onore e l’opportunità di recarsi nelle sale cinematografiche. La pellicola negli Stati Uniti d’America e in Australia viene vietata ai minori di 17 anniper la presenza di contenuti sessuali forti, inclusi dialoghi, alcuni comportamenti inconsueti e nudità, e per il tipo di linguaggio”. In Spagna, Regno Unito e Russia è stato invece vietato ai minori di 18 anni in quanto “Il film contiene sesso spinto e nudità, oltre a ritrarre un gioco di ruolo erotico basato sulla dominazione, la sottomissione e pratiche sado-masochistiche. Ci sono inoltre forti riferimenti verbali a tali pratiche e agli strumenti utilizzati”. In Indonesia, Kenya, Malesia ed Emirati Arabi la pellicola non è stata distribuita. E in Italia? In Italia i ragazzi e le ragazze di 14 anni hanno popolato i cinema.

Le donne che con tanto rispetto e con assoluta libertà di espressione hanno guardato il film, non hanno mai pensato agli effetti che la sua visione avrebbe potuto causare sulla mente di una ragazzina di 14 anni? I risultati? Una giovane donna che cresce con il mito dell’amore-sottomissione al proprio dominatore, consapevole che amare significa esclusivamente compiacere il proprio partner comportandosi da schiava sessuale. Ricordandoci che in Italia la percentuale di femminicidi aumenta ogni giorno sempre di più, è forse il caso che debba essere spiegato esplicitamente che l’amore è il completo rovesciamento di ciò che vogliono farci credere in questo film. La donna ha una sua dignità e in quanto essere umano ha il dovere di difenderla e di non alimentare il mito della schiavitù sessuale.


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