La Napoli che stupisce: torna al suo antico splendore la farmacia degli incurabili


“Chi cerca, trova” è solo uno dei proverbi che condiscono la nostra lingua e che, in questo caso, ben si adatta alla situazione che si vuole riportare. Si sta facendo riferimento alla possibilità di imbattersi, camminando per il centro storico della città di Napoli, nella splendida farmacia settecentesca del complesso ospedaliero degli Incurabili, non del tutto nota ai partenopei, ma capace di suscitare stupore e meraviglia nei visitatori, dando loro la sensazione di ritornare indietro nel tempo, quando imperava l’idea di poter curare anche con la bellezza. Per molti anni dimenticata, è stato grazie all’interessamento di Gennaro Rispoli, primario dell’ospedale Ascalesi,  e dei suoi volontari se, nel 2011, le stanze di questo esemplare del barocco-roccocò sono state riaperte al pubblico e se di recente l’intero stabile è stato restaurato.

La farmacia, indiscusso luogo d’arte, ma anche sede dell’Illuminismo napoletano, fu realizzata da Bartolomeo Vecchione nel XVI secolo e più tardi, tra il 1740 e il 1760, ampliata e decorata grazie ai finanziamenti di uno dei reggenti dell’ospedale, Antonio Maggiocca, di cui è conservato all’interno un busto marmoreo, realizzato da Matteo Bottiglieri. 2015-03-11-1426098727-3853036-bardellinoverticale_modificato1-thumb

L’interno è composto da due ambienti; mediante uno sfarzoso scalone in piperno si accede alla prima sala, là dove impera un tavolo di radica di noce lungo cinque e metri e sontuosamente appoggiato su un mirabile pavimento maiolicato. Quest’ultimo porta la firma dei maestri Massa e, quindi, non può che richiamare a memoria le maioliche di un altro topico sito d’interesse napoletano, il chiostro di Santa Chiara. A fare da cornice a questa sala vi sono le scaffalature a parete che conservano circa 420 vasi policromi in cui, a seconda delle dimensioni, si conservavano pomate oppure sciroppi per curare i pazienti dell’ospedale adiacente. Quanto, invece, alla seconda sala, questa è ornata di arredi realizzati dall’ebanista Agostino Fucito e presenta in soffitta una tela della seconda metà del Settecento, firmata da Pietro Bardellino, che rende ancora più suggestiva l’atmosfera. Insomma, un luogo da visitare, la cui riapertura è la prova del fermento culturale che anima la città di Napoli negli ultimi anni nonostante tutte le difficoltà essitenti.

 

 

 

 

 


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