La farmacia, indiscusso luogo d’arte, ma anche sede dell’Illuminismo napoletano, fu realizzata da Bartolomeo Vecchione nel XVI secolo e più tardi, tra il 1740 e il 1760, ampliata e decorata grazie ai finanziamenti di uno dei reggenti dell’ospedale, Antonio Maggiocca, di cui è conservato all’interno un busto marmoreo, realizzato da Matteo Bottiglieri.
L’interno è composto da due ambienti; mediante uno sfarzoso scalone in piperno si accede alla prima sala, là dove impera un tavolo di radica di noce lungo cinque e metri e sontuosamente appoggiato su un mirabile pavimento maiolicato. Quest’ultimo porta la firma dei maestri Massa e, quindi, non può che richiamare a memoria le maioliche di un altro topico sito d’interesse napoletano, il chiostro di Santa Chiara. A fare da cornice a questa sala vi sono le scaffalature a parete che conservano circa 420 vasi policromi in cui, a seconda delle dimensioni, si conservavano pomate oppure sciroppi per curare i pazienti dell’ospedale adiacente. Quanto, invece, alla seconda sala, questa è ornata di arredi realizzati dall’ebanista Agostino Fucito e presenta in soffitta una tela della seconda metà del Settecento, firmata da Pietro Bardellino, che rende ancora più suggestiva l’atmosfera. Insomma, un luogo da visitare, la cui riapertura è la prova del fermento culturale che anima la città di Napoli negli ultimi anni nonostante tutte le difficoltà essitenti.