Omicidio don Peppe Diana, scarcerato il mandante. La sorella del sacerdote: “Non è giusto. Doveva morire in carcere”


Era il 19 marzo del 1994 quando don Peppe Diana fu assassinato dalla camorra a Casal di Principe per il suo impegno contro le mafie. Nel giorno del suo onomastico, mentre si accinge a celebrare la santa messa, don Diana venne assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe.

Un camorrista lo affronta con una pistola, i cinque proiettili vanno tutti a segno: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. Don Peppe Diana muore all’istante. L’omicidio, di puro stampo camorristico, fa scalpore in tutta Italia e in tutta Europa per la sua brutalità.

Nunzio De Falco fu condannato in primo grado all’ergastolo il 30 gennaio 2003 come mandante dell’omicidio. Su di lui pesano due ergastoli che stava scontando nel carcere di massima sicurezza di Sassari ma, la sua vita finirà a casa con i suoi familiari perché malato terminale. Decisione che ha fatto storcere il naso a molti, una grazia che De Falco non avrebbe meritato, stando alle parole della comunità vicina a don Peppe Diana e alla sua famiglia.

A parlare è stata la sorella Marisa, insegnante di scuola media a Casal di Principe, che a Repubblica racconta tutta la sua rabbia: “Doveva morire in carcere, nessuna grazia. Non può morire circondato dagli affetti dei propri cari perché mio fratello, Don Peppe Diana, non fu abbracciato da nessuno negli ultimi istanti della sua vita. Il giudice non doveva concedergli di ritornare a casa, non è giusto“.


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