Lavoro precario e redditi bassi: al Sud cresce il numero di dipendenti a rischio povertà


Le anticipazioni del rapporto Svimez 2022, presentate oggi alla Camera dei Deputati, prospettano non solo un ampliamento del divario tra Nord e Sud ma mettono in evidenza anche la piaga del cosiddetto working poor, ovvero il lavoro a basso reddito, che continua ad affliggere il Meridione.

Rapporto Svimez 2022: al Sud cresce il lavoro a basso reddito

Nonostante l’obiettivo del Pnrr, che avrebbe dovuto assottigliare il divario tra Nord e Sud, il Mezzogiorno continua a restare in una situazione di subalternità: è qui, infatti, che gli effetti dell’inflazione sono più accentuati, portando ad una riduzione dei consumi, e il PIL cresce in misura minore rispetto al resto del Paese.

Come se non bastasse a ciò si aggiunge la componente occupazionale, segnata dall‘aumento dei lavoratori a rischio povertà. Nel primo trimestre del 2022 l’occupazione al Sud ha registrato una certa crescita, tornando ai livelli di fine 2019 ma con ancora 280 mila posti da recuperare rispetto al 2009.

Il recupero dell’occupazione nel 2021 è però interamente dovuto ad un incremento del lavoro precario. In sostanza cresce il numero di impiegati ma peggiora la qualità del lavoro, tra precarietà e redditi al limite della povertà. Al Centro-Nord, invece, l’incremento riguarda anche il lavoro a tempo indeterminato.

“Dalla crisi del 2008, il progressivo peggioramento della qualità del lavoro, con la diffusione di lavori precari, ha portato ad una forte crescita dei lavoratori a basso reddito, a rischio povertà. Intervenendo in un mercato del lavoro già segnato da una crescita dell’occupazione senza qualità, la ripresa dell’occupazione del 2021 nel Mezzogiorno si è concentrata sulla crescita del lavoro precario che ha spiazzato le forme di impiego più stabile” – si legge nelle anticipazioni del rapporto.

Stando ai dati Istat relativi all’anno 2021 sono 77,5% gli impiegati che lavorano in part time involontario al Sud contro i 54,7% del Centro-Nord. I dipendenti a termine rappresentano il 23% al Mezzogiorno e scendono al 14,2% per il le Regioni centro-settentrionali. Numeri più alti nel Meridione anche per gli occupati a termine da più di cinque anni (23,8% contro i 14,1 del Centro-Nord) e per i dipendenti con bassa paga (15,3% contro gli 8,4 del Centro-Nord).

Una situazione più volte denunciata, in particolare negli ultimi tempi, soprattutto da giovani napoletani. E’ diventato virale, ad esempio, il caso di Francesca Sebastiani, la 22enne di Secondigliano che aveva rinunciato ad un lavoro con orari massacranti in cambio di una paga irrisoria. Alla sua esperienza si è aggiunto il racconto di Raffaele Improta, 22enne di Volla, laureato in lingue, alle prese con proposte di lavoro del tutto inadeguate rispetto alla sua formazione: gli è stato proposto persino di lavorare per 3 euro all’ora, in nero.


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