Violenza sulle donne, quando si accusa la vittima e non il carnefice: cos’è il “victim blaming”


Violenza sulle donne – cos’è il “victim blaming”? Mercoledì 25 novembre si celebra la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne una piaga della società che purtroppo non riesce ad essere cancellata.

Che sia una violenza sessuale, uno schiaffo, un insulto, una discriminazione economica o di genere, un obbligo su come vestirsi e con chi uscire, tutte è violenza sulle donne e le persone che commettono questo abuso non vi stanno facendo del bene, anche se pensate il contrario.

Secondo i dati Istat, purtroppo i numeri in Italia parlano chiaro e durante la pandemia di covid sono aumentate del 73% le chiamate al numero verde 1522 e diminuite invece quelle di denuncia del 43,6%.

Napoli – 30 ammonimenti solo ad ottobre per violenza

Cos’è il victim blaming

Molto spesso l’opinione pubblica, il web, ma anche i telegiornali quando si parla di violenza sulle donne puntano il dito sulla vittima accusandola di qualche torto. “Non è la gelosia, non è il raptus, non è il vestito troppo corto: è il patriarcato che si traduce nella legge del possesso e l’esercizio del potere dell’uomo sulla donna” è lo slogan che si legge sulla pagina di Ratio Studio (agenzia di marketing) nella loro campagna di sensibilizzazione #TuLoSai dove viene stilato un elenco di dati sui femminicidi quest’anno.

“Era ubriaca, “lo ha provocato”, “se lo è cercato” “era in giro di notte” sono solo alcune delle frasi che vengono pronunciate e che ogni giorno fanno morire ancora di più una persona che ha subito violenza. Questa pratica si chiama “Victim blaming” (incolpare la vittima) ovvero la colpevolizzazione della donna come causa della violenza subita o della propria morte.

 

L’Italia si tinge di rosso.

“LEI”

Sensibilizzare è doveroso, agire in tempo è necessario, creare reti di supporto è indispensabile.

• tulosai.it

#tulosai

Pubblicato da Ratiostudio.it su Domenica 22 novembre 2020

Ancora una volta però la violenza non è solo quella fisica, violenza è anche quella psicologica, violenza contro le donne è anche disparità di genere e trattamento sul luogo di lavoro. E’ di pochi giorni fa la notizia di un’insegnante di Torino licenziata perché vittima di “revenge porn“.

Fidandosi del suo partner aveva inviato sue foto intime che l’uomo ha girato nella chat degli amici. Queste foto sono finite al preside della scuola dove insegnava la donna che è stata licenziata. Non solo ha subito violenza dall’uomo del quale si fidava, ma è stata doppiamente vittimizzata con un licenziamento senza senso.

Purtroppo in Italia sono ancora troppi episodi del genere che non vengono puniti e non basta (anche se è un gesto apprezzabile) far scendere in campo i giocatori con un segno rosso sul volto. E’ ora che la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne non sia solo un giorno da celebrare con un segno rosso sul volto ma sia una battaglia culturale da portare avanti ogni giorno.

 


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