Le sei tele della Trinità dei Pellegrini. Riflessioni su trenta anni di restauri Napoletani


Il 9 maggio 2014 nella chiesa della SS. Trinità dei Pellegrini si è svolto un convegno fortemente promosso dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoatropologico e per il Polo Museale di Napoli e della Reggia di Caserta. Riflessioni sul restauro e sugli ingrandimenti delle tele della chiesa della SS. Trinità, questo il tema della giornata di studio.
Hanno partecipato, oltre al Soprintendente Fabrizio Vona e al curatore Antonio Speranza, esperti della conservazione, del restauro e della storia dell’arte della città di Napoli: Laura Giusti, Augusto Cocozza, Flavia Petrelli, Annalisa Pellecchia, Umberto Piezzo, Maria Ida Catalano, Paola D’Alconzo e Angela Cerasuolo.

Partendo dalle sei tele della navata della chiesa, interessate da ingrandimenti settecenteschi, si è preso in esame il fenomeno diffuso tra il ‘600 e il ‘700 di integrare dipinti (ma anche sculture) con nuovi inserti moderni.
Accadeva che molte chiese preesistenti, o anche alloggi privati, fossero soggette ad ampliamenti di vario genere e molti dipinti, che decoravano tali ambienti, risultassero un po’ fuori misura rispetto al rinnovato assetto.
D’Alconzo e Cerasuolo, nel loro intervento, hanno presentato casi di integrazione in capolavori ben noti a Napoli, come l’Angelo Custode di Domenichino o il Padre Eterno di Raffaello, entrambi al museo di Capodimonte.
Una serie di casi emblematici sono avvenuti proprio nella chiesa della SS. Trinità dei Pellegrini.
Dopo una serie di vicissitudini architettoniche, l’antico oratorio della confraternita diventa chiesa nel 1740, e nel 1793 viene ricostruita nuovamente su progetto di Carlo Vanvitelli. A quest’ultima data risalgono anche gli ampliamenti delle tele ad opera di un ben poco noto Giovanni Maria Grifou, i dipinti non furono quindi sostituiti, sia per motivi economici sia per garantire continuità di culto.

Ecco i sei quadri, tutti eseguiti dal 1651 al 1652 (tranne quello di Andrea Vaccaro, donato all’Arciconfraternita alla metà del secolo sedicesimo):

–        S. Antonio da Padova di Giacomo Farelli

Farelli, in questo dipinto della sua giovinezza, dimostra tutta la sua formazione presso la bottega del Vaccaro. Le aggiunte eseguite sono semplici fasce nere.

–        La SS. Trinità appare a S. Filippo Neri che accoglie i pellegrini di Onofrio Palumbo

San Filippo Neri diventa protettore della Confraternita nel 1651.

–        Immacolata di Marco Antonio del Santo

Un modesto dipinto d’accademia tra le influenze di Stanzione e la pittura emiliana del ‘600.

–        Calvario di Andrea Vaccaro

Prima del restauro erano presenti delle ridipinture in smalto e la tela aveva un innesto in lino.

Calvario di Andrea Vaccaro

–        San Gennaro di Onofrio Palumbo

La veduta di Napoli al di sotto di San Gennaro è stata eseguita dal cartografo e pittore lorenese Didier Barra. Per molti il dipinto è diventato il simbolo della devozione a San Gennaro. Due aggiunte sono state identificate sia nella parte inferiore che in quella superiore e su decisione della Soprintendenza sono state eliminate. Fu il primo dipinto della serie ad essere stato restaurato nel 1982.

San Gennaro di Onofrio PalumboSan Gennaro di Onofrio Palumbo

–        Transito di S. Giuseppe di Francesco Fracanzano

Finito di restaurare nel 2011, risulta essere il caso più interessante di ampliamento. Un dipinto dai colori chiari e delicati. Tutto è pacato, dalla morte composta di San Giuseppe all’avanzare con elegante potenza dell’Arcangelo Michele.

In questo caso però si è scelto di evidenziare l’aggiunta settecentesca con una cornice, nel tentativo di sperimentare un nuovo metodo di lettura dell’opera e degli ampliamenti.

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Questi sei dipinti raccontano i diversi approcci che i restauratori hanno sperimentato dagli anni ’80 del ‘900 fino ad oggi. Conservare o rimuovere le aggiunte postume fatte da artisti per così dire “minori”? Quali criteri sono da preferire nell’attuazione di questi progetti? Tutte domane che i restauratori si sono posti sia sul piano artistico che su quello tecnico – teorico. La questione resta aperta ed è ben lontana dall’essere risolta. Tuttavia il dialogo con gli storici dell’arte e la presa in esame, caso per caso, di ogni intervento di restauro, rimangono punti di riferimento fondamentali per ogni buon restauratore.


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