Sanremo 2017. “Ragazzi fuori”: Clementino grida l’abbraccio della morte. Ecco il testo


C’è grande attesa per la settantasettesima edizione del Festival di Sanremo, condotto anche quest’anno da Carlo Conti. Tra i 22 big in gara e le nuove proposte, spiccano tre artisti napoletani: Lele, Clementino e Gigi d’Alessio. Nelle ultime ore sono stati pubblicati da Sorrisi e Canzoni i testi delle canzoni in gara, in attesa che anche il pubblico possa finalmente ascoltarle. Oggi, cercheremo di analizzare “Ragazzi fuori“, la canzone di Clementino, scritta a quattro mani con Marracash. Il rapper originario di Avellino è alla sua seconda partecipazione al Festival, dopo che nel 2015 arrivò al settimo posto con il brano “Quando sono lontano“.

Clementino, in un’intervista rilasciata a Radio 105, descrive “Ragazzi fuori” come un grido di speranza, che vuole dare voce ed aiutare quei ragazzi delle periferie, troppo spesso emarginati dalla società. La prima strofa si apre con l’immagine di Clementino accanto ad un ragazzo, simbolo non solo dell’adolescenza, ma metonimia di tutti quei ragazzi emarginati. Un ragazzo triste, arrabbiato, deluso, che Clementino aiuterà fino a quando non tornerà a sorridere.

Resto fino a quando sorriderai, tra le luci del mattino e poi
Questa non è l’aria che respirerai, ricordi quando eravamo noi
Resto fino a quando sorriderai, non ti sveglio in questo sogno
Scriverò sui muri della mia città, storie di ragazzi fuori

I protagonisti, quindi, sono i “ragazzi fuori”. Un titolo, quello della canzone, che richiama un film del 1990 diretto da Marco Risi (fratello del famoso Dino Risi). Nel film, vengono descritte le avventure e peripezie di un gruppo di ragazzi a Palermo, in balia della malavita e dell’illegalità. Più che raccontare il tessuto sociale, il film si concentra sulla vita di questi protagonisti. Allo stesso modo, la canzone di Clementino, più che una canzone di denuncia, sembra voler raccontare, con amara malinconia, l’adolescenza andata di quei “ragazzi fuori”.

E via i pensieri in una stanza e non arriva il vento
Ricordo i passi, i calcinacci e tutto in quel momento
I primi viaggi da ragazzi e quanto eri contento

Dai primi anni dell’adolescenza, quando si era ancora bambini, fino al momento in cui ci si perde, in attesa che qualcuno possa darci una mano.

Non bastano risate qua per stare più sereno
Se questa vita ti ha servito pane col veleno
Una giornata normale, buttato in un locale
Quando tutto sembra uguale, giochi a carte con il male
E con due piedi dentro beh ci sono stato anch’io
Quando raschiavo il fondo inginocchiato a un falso Dio

In questa strofa c’è tutto il senso della canzone. Ragazzi che si ritrovano buttati in un locale, giocando a carte con il male, inginocchiati ad un falso Dio. La vita, a questi ragazzi, ha riservato “pane con veleno”. Ragazzi adolescenti che si ritrovano a fare scelte sbagliate, in balia di una vita di cui non hanno controllo. Il “falso Dio” di cui parla Clementino può alludere a diversi significati. I ragazzi delle periferie, spesso, finiscono in contatto con la malavita: un Dio maligno che promette una falsa felicità. Ma, Clementino potrebbe riferirsi anche all’abuso di alcol e al consumo di droga, se andiamo a riprendere quel “buttato in un locale”.

Fondamentale, però, è un verso: “E con due piedi dentro beh ci sono stato anch’io“. Anche Clementino è stato un ragazzo fuori, come ha spiegato lui stesso nelle interviste. Gestire i soldi e la popolarità non è semplice, specie quando si è così giovani. Ragazzi fuori” è quindi non soltanto una canzone di speranza, ma anche una canzone autobiografica. Clementino si “trasforma”così in un angelo custode, un fratello maggiore per quei ragazzi che non sembrano avere alcun futuro.

Ancora attendo, non comprendo questa giusta via
Per quanto tosta sia, non stare più in balia
È questo schifo che ha rubato tutta l’energia
Di questa vita mia
Siamo ragazzi soli perdonateci signori
Di queste intrusioni, ma quali illusioni
Nuovi messaggi, nuove generazioni nell’era delle menzogne e del buio
Siamo ragazzi fuori


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