Expo, lavoro solo per milanesi. Dal Sud solo opere d’arte e schiavi


Già vi ho parlato, a maggio 2014, di quanta propaganda vi fosse dietro l’Expo di Milano, specialmente per quanto riguardava il Piano d’Azione per Expo Mafia Free. Secondo quel piano, infatti, potevano partecipare agli appalti soltanto le aziende situate a non più di 350 chilometri da Milano, per evitare infiltrazioni mafiose: tale misura lasciava fuori il Sud dalla partecipazione a un evento finanziato anche con soldi statali, tra i quali ci sono quelli dei cittadini del Mezzogiorno, mentre la consentiva nelle nazioni che confinano con l’Italia, come la Svizzera e la Francia: i brogli e lo scandalo poi ci sono stati lo stesso, a dimostrare quello che già sapevamo, cioè che il marcio esiste anche da loro, eccome se esiste.

Nonostante sia tagliato fuori dagli appalti, al Sud si chiedono le opere d’arte da esporre a Milano, in prestito gratuito e in cambio di visibilità. Una visibilità che, casomai venisse realizzata, sarebbe comunque sterile perché le infrastrutture e i collegamenti per raggiungere le città del Mezzogiorno sono scarse se non assenti: hanno enormi difficoltà Napoli e Palermo, le due storiche capitali del Sud, figuratevi Reggio Calabria o Aidone, piccola cittadina in provincia di Enna, dimenticata dall’uomo (ma non dagli antichi greci), che però invierà a Milano i preziosissimi Acroliti di Demetra e Persefone e a New York i meravigliosi argenti di età ellenistica. Opere, tra l’altro, molto delicate e che rischiano di frantumarsi, come successo a un capolavoro di Canova, un bassorilievo distrutto perché doveva essere esposto a una piccola mostra di una fondazione di un ex ministro.

Beh, diranno molti, all’Expo ci sarà bisogno di ragazzi preparati che lavorino lì, e i nostri giovani possono pur sempre emigrare – tanto siamo abituati – per guadagnare qualche spiccio (e far girare l’economia milanese). Invece no, perché le opportunità sono sostanzialmente rivolte a chi risiede a Milano o nei suoi dintorni, o ha la possibilità di stabilirsi lì da qualche amico o parente, a meno che non decida di affittare una stanza, una casetta, uno scantinato da qualche parte per avere un posto dove dormire, da pagarsi coi quattro soldi che ti dànno all’Expo in cambio della piena disponibilità, notte e giorno. Conviene? In termini economici non conviene, dal punto di vista dell’esperienza forse sì, fosse soltanto per raccontare la propria migrazione per la sottomissione, una sorta di auto-tratta dello schiavo.

C’è inoltre il capitolo dei volontari, quelle persone che andranno a lavorare per l’Expo di Milano gratuitamente o con un piccolo rimborso. Sul portale barbadillo.it è stata fatta una stima di quel significa andare a lavorare per l’Expo:

“…la possibilità di lavorare gratuitamente per un periodo compreso tra i 14 e i 28 giorni (c’è la possibilità di candidarsi per un massimo di due cicli di lavoro della durata di due settimane l’uno). In tutto questo vortice di selezioni, “possibilità di farsi amici” (come recita la campagna di reclutamento dei volontari) e di valutazioni delle “capacità di lavorare in team dei volontari”, quanto e quale spazio hanno i rimborsi spese per i futuri impegnati expo?

“Ancora non ci hanno saputo dire nulla di preciso ma hanno parlato di possibili convenzioni con degli ostelli. Convenzione a parte, però, ci dovrebbe essere qualcosa da pagare per ogni notte – spiega Luigi – Per gli spostamenti sono previsti un biglietto del treno all’andata del ciclo di 14 giorni e uno al ritorno, alla fine. Il buono pasto sarà soltanto uno per giorno e quindi, gli altri due, saranno a carico del volontario“.

Perché un ragazzo, probabilmente disoccupato vista la necessità di essere libero per 14 giorni consecutivi, dovrebbe imbarcarsi in questa iniziativa? A rispondere ci prova Luigi, che, nelle sue varie esperienze da volontario ha visto tanti giovani lavorare con lui: “Vengono con la speranza di essere notati da qualcuno per quanto si impegnano e per come lavorano. L’obiettivo è quello di trovare una sponda per aggiudicarsi un posto di lavoro vero, finito l’evento”.

La logica, perciò, è quella dello sfruttamento, qualunque sia la provenienza dei ragazzi: il giro di denaro sarà stratosferico, ma esso servirà a riempire le tasche dei soliti.


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