Operai morti al Rione Alto: non avevano caschi né cinture. Due lavoravano in nero

Operai morti cadendo da una impalcatura al Rione Alto


Due degli operai morti cadendo da un’impalcatura al Rione Alto lavoravano in nero, tutti e tre non avevano caschi né cinture di sicurezza quando la struttura ha ceduto facendoli precipitare dall’impalcatura. È Sandro Ruotolo, giornalista ed europarlamentare, a fornire il quadro della situazione che – se fosse confermato dalle indagini ancora in corso – farebbe emergere ancora una volta la drammaticità della condizione dei lavoratori a Napoli, al Sud, in Italia.

Operai morti al Rione Alto senza dispositivi di sicurezza

Ruotolo afferma: “Sono quattro gli indagati. È un atto dovuto, certo, ma la realtà è chiara: c’era chi doveva vigilare, e non lo ha fatto. Dovete sapere che in Italia ogni sei ore muore un operaio sul lavoro. La Campania è maglia nera: 25 morti sul lavoro solo nei primi mesi dell’anno, terza regione in classifica. Lo diciamo da sempre: servono investimenti nella prevenzione. E prevenzione significa formazione, assunzioni regolari, contrasto alla precarietà. Prevenzione significa anche una Procura nazionale sul lavoro, più ispettori, controlli reali e continui nei cantieri”.

Lavoro sommerso, condizioni precarie e contratti farlocchi sono purtroppo la normalità nel mercato del lavoro. A rimetterci sono sempre operai, impiegati, madri e padri di famiglia che accettano le proposte dei datori di lavoro – qualche volta si trasformano in datori di morte – per non far mancare nulla ai figli, al marito, alla moglie e magari anche ai genitori anziani. Imprenditori (li vogliamo chiamare così?) che speculano sulla miseria ergendosi a padroni della vita altrui e fregandosene dell’incolumità. Non sappiamo se questo in questo caso specifico è andata così, ma nel complesso va in questo modo.

“La sicurezza non è un costo: è un diritto – conclude Sandro Ruolo – Non possiamo più permettere che lavorare significhi rischiare la vita”.


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