Scampato alle fiamme: i martiri del crocifisso di San Carlo all’Arena
Lug 30, 2015 - Valentina Coppola
Diverse e svariate sono le rappresentazioni della figura di Gesù Cristo, a cui artisti e scultori hanno cercato di dare un volto, dando vita ad opere d’arte suggestive e piene di fascino. In particolare, a Napoli, una delle opere che suscita maggiore curiosità è il Cristo Velato, custodito nella Cappella Sansevero. Da non trascurare i quadri iconografici ed i molteplici crocifissi, nelle numerosissime chiese monumentali sparse nell’area urbana della bella Parthenope.
L’arte ha in sé fascino e mistero sempre: ma se da un lato ci sono opere conosciute e stimate davvero dovunque, dall’altro lato alcune sono poco conosciute, ma non per non questo non meritano ammirazione. Una di esse è il crocifisso della Chiesa di San Carlo all’Arena, che si trova a ridosso dell’altare dell’omonima chiesa, sita a Via Foria, costruita da Silvestro Cordella per volere di Giuseppe Nuvolo, nell’area delle mura aragonesi. Fu così chiama in riferimento alla via in cui sorge, per l’appunto “arenosa”, che costituiva un vero e proprio deposito dell’acqua che confluiva delle colline. Nell’anno 1621 i cistercensi ne completarono l’edificazione e successivamente fu utilizzata come rifugio per i militari durante il periodo francese. Purtroppo nel 1923 fu vittima di un incendio ma ciò che possiamo ammirare oggi, per fortuna, è ancora una bellissima costruzione reduce dai restauri dell’architetto Francesco De Cesare, messi a punto nell’anno 1837.
Per quanto riguarda il crocifisso nello specifico, in origine si trovava nella Basilica dello Spirito Santo ed è stato creato dallo scultore ed architetto fiorentino Michelangelo Naccherino, che ha apportato il suo notevole contributo artistico durante il periodo del Regno di Napoli, al pari di artisti del calibro di Bernini.
L’opera risale all’anno 1559 ed è stata realizzata in marmo. Purtroppo fu vittima di un incendio che ne provocò danni abbastanza gravi e visibili al marmo: è per questo motivo che presenta numerose “crepe” a partire dal capo fino ai piedi. Staccandosi dalla parete sul quale era poggiato sobbalzò sul pavimento, provocando, tra l’altro la rottura delle due braccia. Tuttavia, nonostante sia palese che il deterioramento di un’opera d’arte non sia mai visto di buon occhio, quelle spaccature lo rendono unica al mondo. A primo impatto forse si potrebbe lecitamente pensare che sia stato volutamente scolpito così dall’artista.
I fedeli, che sono soliti ammirarlo con grande devozione e recitare preghiere contemplandone la bellezza, hanno dato una loro interpretazione alle crepe: le considerano come una sorta di rappresentazione fisica delle ferite e delle sofferenze dell’animo, inferte all’altro, spesso e volentieri senza accorgersene.
Di seguito riportiamo una serie di bellissime foto contenute nella pagina Facebook “Napoli vista attraverso gli scatti fotografici”.