Da Bergamo il giudizio razzista su Geolier: “Vestito come a un prediciottesimo camorrista”

Geolier da "prediciottesimo camorrista": la critica dal sapore razzista


La canzone di Geolier? Da prediciottesimo camorrista. È lo stereotipo che non poteva mancare in una edizione di Sanremo dove protagonista assoluta è (anche) la Lingua Napoletana, idioma ormai sdoganato anche nell’evento nazional popolare per eccellenza, e per manifesta imposizione dato che il Napoletano sembra ormai essere la lingua più cool nel panorama musicale e artistico contemporaneo soprattutto tra i giovani. Una lingua che si presta perfettamente ad essere utilizzata in generi musicali, come il rap o la trap, che richiedono una malleabilità che l’Italiano non ha.

Geolier da “prediciottesimo camorrista”: la critica dal sapore razzista

La critica dal sapore discriminatorio, se non proprio razzista, proviene da un luogo geografico che purtroppo è stato spesso protagonista di uscite del genere. Sul portale bergamasco Eppen, che si poggia su quello del quotidiano L’Eco di Bergamo, è apparsa infatti questa “recensione” sul brano I p’ me, tu p’ te di Geolier: “Arriva vestito come mio zio in discoteca e fa la cover del Lazza dell’anno scorso, però in napoletano. Voto 4, prediciottesimo camorrista ost”.

Una recensione in perfetto stampo lombrosiano

Non solo Emanuele Palumbo, in quanto napoletano e del Sud, viene accostato gratuitamente alla malavita organizzata, ma si ritrova anche un giudizio che ricalca pedissequamente le tesi lombrosiane che fanno corrispondere l’apparenza alla capacità di delinquere. Che il Napoletano (ed i napoletani) si impongano e si esaltino in modo così brillante nella scena artistica nazionale costituisce, sicuramente, un elemento di fastidio e forse anche di invidia in determinati individui.

L’Eco di Bergamo ci mette la pezza ma il guaio è fatto

L’Eco di Bergamo, in risposta alla bufera che si è scatenata, si è visto costretto a diffondere una nota in cui ha precisato che “non è un contenuto prodotto e pubblicato dalla redazione”, né quella online né quella cartacea. Eppen è un magazine che “si appoggia al sito del giornale e che produce autonomamente in contenuti”. In tal modo ha allontanato da sé le critiche. La pagina, tuttavia, successivamente è sparita dal web, ma a quel punto il guaio era stato già fatto: lo screenshot con la recensione incriminata aveva già fatto il giro dei social.

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