La lingua italiana secondo i napoletani! Ecco le espressioni più comuni


Oggi, in Italia, tutti (o quasi) pensiamo di parlare in modo corretto l’italiano; in realtà non è così! Il primo aspetto che determina la nostra provenienza regionale, infatti, può essere rintracciato proprio nel nostro modo di parlare l’italiano.

Prima dell’Unità d’Italia la realtà linguistica nel nostro paese era molto complessa e variegata: un’italiano ufficiale non esisteva (in quanto non essendoci l’unità nazionale non era interesse politico ricercare una lingua comune) e gran parte della popolazione era confinata all’uso del dialetto: dopo l’Unità d’Italia l’italiano era parlato da meno del 15% della popolazione (forse dire che l’italiano non era conosciuto da più dell’85% degli italiani da più l’idea della complessità della situazione).

Oggi la situazione è sicuramente cambiata, anche se (come detto sopra) li modo di parlare di ogni regione d’Italia continua a risentire dell’influsso dialettale. Andremo ad analizzare ora empiricamente, espressioni e abitudini linguistiche molto vive, che caratterizzano l’italiano di Napoli (e per lo più del meridione). Il nostro italiano di Napoli ad esempio accosta spesso ai “verba dicendi” (verbi del [o di] dire) il costrutto “vicino a”: “ho detto vicino a Maria di…”.

Molto frequente è l’utilizzo di dentro, giù, fuori, sopra accanto a parole del contesto urbano: spesso sentiamo dire ad esempio: “sopra il Vomero”, “dentro Forcella” etc….; lo stesso sopra assume significato di presso: molto comuni sono modi di dire del tipo “sopra lo stadio”, “sopra il comune” ( presso lo stadio, presso il comune). Spesso si ha l’aggettivo per l’avverbio: “pare brutto” (non è opportuno);  funzione avverbiale si può avere anche con la sequenza articolo-nome come “stai na chiavica” (stai molto male) o “stai una bellezza” (stai molto bene)

Il nostro modo di parlare accoglie molto spesso il dialetto in locuzioni, come “pigliare una nziria” (avere una fissazione o capriccio), “fare una tarantella”(discutere animatamente), o in parole come intalliarsi (perdere tempo, da “mettere radici”) o chiavica (pessima persona, in modo metaforico da fogna).

Infine foneticamente possiamo notare altre particolari caratteristiche come la cosiddetta “lenizione postnasale”, ovvero il passaggio da …nC…, …nT…, …nP…. a …nG…, …nD…, …nB… (banco che diventa bbanghè o monte che diventa mònde), o la “metafonesi”, ovvero il passaggio da “é” ed” o’ ” a “i” e “u” (aceto che diventa “acite” e pollo che diventa “pullé”) in caso contrario, ovvero in presenza di “è” ed “ò” esse si dittongano (petto diventa piett e osso diventa uoss).

Ovviamente esistono tantissime altre caratteristiche; ci siamo limitati ad osservare le più comuni.


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