Addio a Ernesto Bergamasco, il Leone di Oplonti: il fuoriclasse della boxe che incantò il Madison Square Garden

Ernesto Bergamasco: a sinistra in una foto d'epoca, al centro un'immagine degli ultimi anni, a destra un fotogramma sul ring a New York


Addio al Maestro Ernesto Bergamasco. Fuoriclasse del pugilato, ha portato il nome della sua Torre Annunziata in giro per il mondo, perfino al Madison Square Garden di New York, dove ricevette i complimenti di Rocky Graziano che lo andò a trovare addirittura nello spogliatoio. Bergamasco possedeva infatti una tecnica formidabile unita ad una forza non comune, caratteristiche che conferivano alle sue performance una spettacolarità di assoluto livello.

Addio a Ernesto Bergamasco: il primo a portare il pugilato a Torre Annunziata

Dopo aver lavorato nel macello comunale, grazie ad una forza incredibile che dimostrava di avere fu spinto verso la carriera pugilistica negli anni ’60, quando incontrò il maestro Lucio Zurlo della Boxe Vesuviana. Zurlo lo ricorda come il suo primo amore, sì, perché Ernesto Bergamasco nella scena pugilistica di Torre Annunziata è stato il primo in tutto: il primo della palestra a disputare un’Olimpiade, il primo a combattere al Madison Square Garden di New York, il primo a vincere il Campionato Italiano Dilettanti, il primo a disputare il Campionato Italiano Professionisti. Il primo a fare davvero boxe nella sua città, la pietra miliare che avrebbe poi creato quella tradizione che oggi vede primeggiare Irma Testa, scoperta e allenata proprio da Lucio Zurlo.

Ernesto Bergamasco sul ring al Madison Square Garden di New York

Ernesto Bergamasco alle Olimpiadi di Monaco nel 1972: la strage terroristica

Grazie alle vittorie ed ai titoli conquistati tra i dilettanti riuscì a partecipare alle Olimpiadi di Monaco nel 1972, in qualità di capitano della squadra costituita da 8 pugili italiani. In quell’occasione era determinato nel voler portare una medaglia olimpica a casa, ma davanti ai suoi occhi si consumò la strage di Monaco con l’attentato terroristico che aveva come obiettivo la squadra olimpica israeliana. Bergamasco vide davanti a sé, con i propri occhi, il sangue fuoriuscire dai cadaveri. Uno shock che lo segnò profondamente, che gli fece desiderare di tornare immediatamente in patria. Quando salì sul ring, nelle tre riprese contro Srisook Buntoe non riuscì a mettere a segno neanche un pugno. Un grande rimpianto contro un avversario modesto, come dimostrerà in seguito la storia. Episodio che Bergamasco non amava affatto raccontare, non per la sconfitta contro il tailandese ma per il ricordo che rievocava. Medaglia olimpica che a Torre Annunziata sarebbe poi giunta con Irma Testa, il bronzo di Tokyo 2020, la prima di un’atleta italiana nel pugilato.

In Nazionale: Lassandro, Buglioni, Onori, Bergamasco, Quero

La carriera tra i professionisti

DopoMonaco ’72 la carriera tra i professionisti, caratterizzata da una striscia iniziale di ben 19 incontri vinti. Il 25 settembre 1974 contese il titolo italiano a Bruno Freschi: dopo una prima ripresa dove Bergamasco sembrava avere larghe possibilità di vittoria, l’incontro si concluse al secondo round per KO tecnico a causa di una ferita al sopracciglio che determinò l’interruzione della gara. La sfortuna, ancora, a impedirgli la felicità. Appenderà i guantoni al chiodo a soli 28 anni, dopo avere avuto ancora l’occasione di diventare campione italiano. Nel mezzo tantissime soddisfazioni, tra cui quella di mettersi in mostra a New York, al Madison Square Garden, dove conobbe Muhammad Alì e Teofilo Stevenson oltre al già citato Rocky Graziano. Il personaggio che amava raccontare di più era Nino Benvenuti, campione olimpico e del mondo, che ospitò quando venne in visita a Torre Annunziata.

Match valido per la qualificazione al titolo italiano professionisti, categoria Superleggeri, 1973

La carriera da allenatore con la Pugilistica Oplonti

Successivamente la carriera da coach, con la fondazione della Pugilistica Oplonti nel rione Deriver di Torre Annunziata, un insieme di palazzoni in riva dove vivevano gli operai dell’area industriale oplontina. La classe di pugile riusciva a trasferirla ai suoi allievi, pugili che avrebbero fatto la storia dello sport a Torre Annunziata: il figlio Raffaele Bergamasco, pluricampione italiano (anch’egli attualmente allenatore, coach del Belgio ed ex coach di Italia e India); Alfonso Pinto (oro ai campionati EU, argento agli europei, partecipazione alle Olimpiadi di Atene 2004); Pietro Aurino, tra i migliori pugili italiano degli anni Novanta (Olimpiadi di Atlanta 1996, oro agli Europei, sfidante per il titolo mondiale nel 2002, tra i professionisti 38 vittorie di cui 16 per KO e solo 3 sconfitte), Biagio Zurlo (24 vittore e 1 sconfitta).

Lucio Zurlo con Ernesto Bergamasco

 

La boxe è vita

Ernesto Bergamasco non si è dedicato tuttavia soltanto agli agonisti. È stato il maestro di centinaia di ragazzi che si allenavano alla Pugilistica Oplonti, moltissimi dei quali si avvicinavano alla nobile arte del pugilato per rialzarsi dalle cadute e dalle ostilità dell’esistenza. Il suo slogan era “La boxe è vita”. In quella palestra spartana, costellata da vecchie locandine e manifesti con i volti e le firme di grandissimi atleti, nel forte odore della pelle sei sacchi, il Maestro ti aggiustava il cervello. Quando ti vedeva un po’ sottotono si avvicinava, ti guardava negli occhi, e ti urlava “Sei un leone! Forza!”, e ti faceva scaricare tutto in quei sacchi su cui visualizzavi e ti prendevi la rivincita sulle negatività che cercavano ti buttarti fuori dal ring della vita normale. Fatica, sudore, ma anche tanti scherzi e molte risate. I baci del Maestro come quelli che i pugili si scambiano dopo gli incontri. Per essere dei leoni dentro e fuori la palestra, leoni come Ernesto Bergamasco.

Alfonso Pinto ad Atene 2004, all’angolo il maestro Ernesto Bergamasco


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