La Grotta del Mago a Ischia, misterioso luogo di leggende e antichi culti solari


L’Italia è un paese ricco di luoghi di straordinaria bellezza, spesso dal passato oscuro e misterioso, che ancora oggi custodiscono gelosamente segreti insvelabili. È il caso della cosiddetta Grotta del Mago a Ischia che, protagonista di un’antichissima leggenda popolare, si apre nella parte sud-orientale dell’isola, tra Punta Parata e Punta del Lume.

La Grotta del Mago, che negli anni ha numerose volte cambiato la propria denominazione, è chiamata in questo modo a causa di una leggenda tramandata oralmente, secondo la quale i pescatori che vi si rifugiavano con le loro barche durante il cattivo tempo e le mareggiate, erano soliti vedere un vecchio con barba e capelli fluenti, seduto proprio sulle rocce della grotta.

Inoltre, stando ad altre testimonianze, pare che coloro che si recassero nella Grotta del Mago udissero anche voci misteriose e intravedessero meravigliose fanciulle simili a ninfe. I pescatori, dunque, erano soliti attribuire la buona pesca proprio allo spirito benigno che abitava la grotta.

Nel corso degli anni Trenta, alcuni studiosi tedeschi scoprirono all’interno della grotta un accesso a un cunicolo ostruito dalla presenza di alcuni massi. Poi, in seguito a un meticoloso lavoro mirato a liberare l’accesso dai massi in questione, si trovarono ad ammirare uno spettacolo a dir poco stupefacente. Al di là del cunicolo, infatti, essi trovarono una nuova grotta, caratterizzata dalla presenza di riflessi argentei che contribuivano a ricreare un’atmosfera ai limiti tra realtà e fantasia.

La storia della grotta, ormai sempre più famosa nel mondo, cominciò ad avere una certa risonanza sulla stampa non soltanto locale, ma anche nazionale ed internazionale. Fu così, che diversi studiosi giunsero a visitarla. Tra questi il Prof. Mario Puglisi che, in collaborazione con l’ingegnere Nicola Ciannelli, avanzò l’ipotesi che la grotta potesse avere origini addirittura preistoriche.

Il Prof. Puglisi sostenne che “quella fosse stata, in tempi preistorici, un tempio dedicato al culto solare”. Forma e disposizione della stessa sembrarono conferire sempre maggiore veridicità alle ipotesi del professore che, espresso il proprio punto di vista alla Direzione dei Monumenti e Scavi di Napoli, espose il risultato delle sue ricerche in un articolo sul “Popolo di Roma” il 28 ottobre del 1934. Egli sostenne non soltanto che quella grotta fosse opera umana, ma anche che essa fosse stata adibita in tempi preistorici a luogo di culti magico-religiosi e, più precisamente, solari.

Successivamente furono pubblicati numerosi articoli a sostegno della tesi di Puglisi. Tuttavia, non mancarono articoli di studiosi in netto contrasto con quest’ultimo. Ben presto, dunque, divampò un’accesa polemica tra quanti sostenevano che la grotta fosse opera naturale e quanti, invece, sostenevano che essa, in origine naturale, fosse stata poi, nell’epoca neolitica, adattata a culti solari.

Quando una violenta mareggiata spazzò via tutte le impalcature e le condutture elettriche, la polemica lentamente si spense e la grotta ripiombò lentamente nel suo oblio.


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