Palazzo Sansevero: storia della dimora maledetta del principe alchimista


Napoli – Il nome “Sansevero”, a Napoli, si ricollega immediatamente alla meravigliosa Cappella con la leggendaria scultura del Cristo Velato, o al principe alchimista Raimondo di Sangro ed ai suoi oscuri esperimenti. Si dimentica, spesso, che lo stesso Palazzo Sansevero, il quale ospita nei suoi giardini la famosa chiesa, racchiude segreti e misteri.

Il mistero di Palazzo Sansevero

Il palazzo in vico San Domenico Maggiore esiste da molto tempo prima di divenire la dimora dei di Sangro, anzi, solo in seguito ad una tragedia divenne proprietà della nobile famiglia.

Il 18 ottobre del 1590 le sale della dimora si tinsero di sangue quando Carlo Gesualdo, l’allora proprietario, scoprì sua moglie, Maria D’Avalos, a letto con l’amante, il duca d’Andria Fabrizio Carafa. Dopo aver vendicato il suo onore, il tradito espose anche i cadaveri nudi ed insanguinati dei due all’ingresso del palazzo. Il racconto tramandato vuole anche che un frate gobbo si sia introdotto nel palazzo ed abbia abusato nella notte del corpo della defunta. Della leggenda di Maria D’Avalos e del suo fantasma che, ancor oggi, si aggirerebbe nella zona di San Domenico Maggiore abbiamo già parlato.

Per sfuggire al dramma di quelle stanze e all’inevitabile vendetta della potente famiglia Carafa, Carlo Gesualdo fu costretto ad abbandonare il suo palazzo ed a vivere in esilio tormentato da paranoie e sensi di colpa: si racconta che arrivò ad uccidere il figlio per il dubbio che fosse, in realtà, frutto dell’adulterio della moglie. Fu allora che il duca di Torremaggiore Paolo di Sangro acquistò l’edificio modificandolo, in parte, con le opere dello scultore ed architetto Giovanni da Nola. Nel 1613, al posto di un’edicola votiva, nel giardino nel palazzo sorse la chiesa di Santa Maria della Pietà con lo scopo di ospitare le spoglie dell’intera dinastia.

Il duplice omicidio, però, continuava ad aleggiare fra le sale del palazzo: iniziò a circolare la voce che a causa dell’atto efferato una maledizione avrebbe gravato sugli abitanti per ben sette generazioni. Probabilmente, fu proprio per questo motivo che il principe alchimista Raimondo di Sangro decise, nel 1735, di ristrutturare e trasformare completamente ogni angolo della struttura. È grazie a lui se oggi il palazzo e la cappella sono il massimo esempio del Barocco napoletano.

Il principe non vide mai il risultato della sua opera, ultimata dal figlio Vincenzo. Nonostante il massiccio intervento ed il passare degli anni, quando il 28 settembre del 1889 un’infiltrazione d’acqua fece crollare un’intera ala del palazzo, i più superstiziosi pensarono che l’atroce delitto di Carlo Gesualdo continuasse pesare su quelle mura.


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