Fittiare: ecco cosa significa e come è nato questo verbo napoletano


Per comprendere appieno il significato del termine “fittiare” dobbiamo andare, con l’immaginazione o con i ricordi, indietro di qualche decennio. Immaginiamo un giovane che, la domenica mattina, resta appostato in piazza con un nugolo di amici. Finalmente arriva lei, la ragazza dei suoi sogni, uscita con la famiglia per andare a messa: ha indossato il vestito delle feste, acconciato i capelli e persino un po’ di trucco.

Lui la osserva, la desidera: è rimasto lì fermo solo per aspettare quel momento, per lanciarle quelle occhiate invasive per tutto il tragitto. Quegli sguardi bramosi, quell’attenzione quasi molesta nella lingua napoletana è racchiusa nel verbo “fittiare”. Ovviamente, il corteggiamento è il momento in cui il termine ha maggior valore, ma ci sono tantissime altre occasioni: si può “fittiare” un vestito costoso aspettando i saldi, una frolla calda quando si è a dieta o una bella macchina.

In via generale possiamo dire, quindi, che il significato corretto potrebbe essere “guardare con desiderio qualcosa o qualcuno che non si può avere”. Oggi, però, il verbo è desueto, almeno in questa accezione. Spesso “fittiare” viene usato semplicemente per indicare due persone che si stuzzicano o si corteggiano, che si “fitteano”.

Sull’origine del termine la spiegazione più attendibile è quella dello studioso della lingua napoletana Raffaele Bracale. Per lui deriva dal verbo latino “figere”, che tradotto significa “colpire da lontano”. Con un po’ di poesia ed immaginazione gli sguardi carichi di desiderio possono essere rapportati a frecce che colpiscono anche a distanza, spesso infastidendo. Sempre basandosi sulla molestia insita nel “fittiare”, Bracale ricorda anche la parola napoletana “fettíglie” usata, pur raramente, ancora oggi per indicare noie, molestie e consimili.


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